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Hikmet, Poesie d'amore e di lotta

 

collana: La Rosa Mondadori
editore: Mondadori
data pubblicazione: 2013
pagine: 432
prezzo: € 22,00
ISBN: 9788804627131
a cura di: Giampiero Bellingeri
traduzione di:
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formato: brossura
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Nâzim Hikmet

Poesie d' amore e di lotta


«Nato nel 1902 / alla città natale non sono più tornato / i ritorni non mi piacciono / a tre anni ero ad Aleppo nei panni di nipote del pascià / a diciannove a Mosca studente all'Università dei comunisti / [...] / e dai quattordici professo la poesia // c'è chi sa d'erbe e piante e chi di pesci / io dei distacchi sono specialista / chi enumera a memoria i nomi delle stelle / io declino invece nostalgie // ho dormito nelle celle e in grandi alberghi, la fame l'ho patita / e lo sciopero ho tenuto della fame e non c'è al mondo pietanza che io non abbia degustato»: così si presenta Nâzim Hikmet, sottolineando la dimensione universalistica della propria ispirazione, in Autobiografia, nel 1961. L'opera di Hikmet, autore ormai celeberrimo, come quelle di Prévert, di García Lorca, di Neruda, di Tagore, di Gibran, è amata da una vastissima platea di lettori (come in Italia è testimoniato dalla fortuna delle sue Poesie d'amore, tradotte dal francese da Joyce Lussu nel 1963, anno della morte di Hikmet, e poi ristampate innumerevoli volte).
Già nell'infanzia Nâzim respira in casa l'aria della poesia, soprattutto quella che il nonno paterno scrive nel cosiddetto ottomano, idioma segnato nella forma letteraria dalla presenza forte di elementi arabi e persiani. Fin dalle sue prime prove, il giovane poeta adotta invece una lingua più sciolta rispetto alle più pesanti formulazioni auliche, servendosi ora della metrica quantitativa arabo-persiana, ora di quella sillabica turca in diverse e mai sperimentate modulazioni. La poesia di Hikmet attinge a reminiscenze classiche e popolari e risente altresì della letteratura persiana, francese e russa: influenze ed echi che il poeta attesta ma al tempo stesso non esita a contestare quando si tratta di proporre una propria originale maniera (metro assolutamente libero o con rime celate che emergono soltanto a una lettura ad alta voce).
Tale dunque l'intreccio di temi e linguaggi poetici di Hikmet, che non a caso si dice appartenente a un mondo al crocevia di civiltà diverse: «Non mi considero semplicemente un erede della cultura turca; sono uno degli eredi della cultura umana tutta. E quando dico cultura, non penso esclusivamente a quella della Grecia antica, o al Rinascimento: ho in mente l'Asia, l'Africa, l'America. Come uomo dell'Occidente, sono orgoglioso del contributo occidentale alla cultura del mio Paese, ma sento anche l'orgoglio che nasce dall'arricchimento della comune eredità, compresa quella dell'Occidente, a opera del mio Paese e dell'Oriente».
La sua precoce vocazione di poeta lirico, teso al dialogo con il lettore e con se stesso, nonché al rispecchiarsi, sinuoso e cangiante, del paesaggio esteriore in quello interiore, non è mai disgiunta dall'impegno civile, essendo fin dall'inizio il suo poetare intonato alla partecipazione "politica".
Perciò la distinzione spesso operata in passato dagli editori tra poesie dal carcere e di lotta e poesie d'amore va accolta con cautela e, in un certo senso, superata: non si tratta di due filoni distinti dell'opera di Hikmet, ma di motivi profondamente interconnessi nella sua poesia. A questa idea si ispira appunto la presente antologia che Giampiero Bellingeri, il più importante studioso italiano di letteratura turca, ha allestito con l'aiuto di un gruppo di giovani traduttori. I testi proposti - per molta parte inediti in lingua italiana - appartengono all'intero arco della vita del poeta. Si procede secondo un ordine cronologico flessibile, prestando attenzione ai tempi, ai temi e ai toni. Si solcano i primi anni Venti, quelli della scoperta dell'Anatolia e dell'Unione Sovietica: di entrambi i climi Hikmet coglie lo scenario desolato e le potenzialità, nella speranza espressa dalle modalità sperimentali di un generico "futurismo". Si continua nel viaggio attraverso i paesaggi reali e mentali, le prese di coscienza pericolose, intempestive, non di regime, in una Repubblica turca appena fondata (1923). Fino al carcere, dove il poeta resta rinchiuso più volte.
Fino al rilascio sotto la pressione dello sciopero della fame e delle manifestazioni degli intellettuali d'Occidente. E fino all'asilo ottenuto a Mosca, per sfuggire all'isolamento e a una condanna ormai decretati per lui in patria. In quella Turchia, cioè, dove queste sue poesie intense e vibranti resteranno vietate, o censurate, sino a pochi decenni fa.

 

Nâzim Hikmet (Salonicco 1902 - Mosca 1963), poeta, romanziere, autore di teatro, saggista e giornalista, è conosciuto soprattutto per le sue Poesie d'amore (nella collezione Oscar). Durante gli anni Venti visse in Russia dove entrò in contatto con le avanguardie. Rientrato in Turchia, per la sua opposizione al regime di Kemal Atatürk trascorse dodici anni in carcere, dal 1938 al 1950. Liberato, si trasferì a Mosca, dove morì.

 

 

 

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