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Ecco quello che non si dovrebbe mai cessare di essere: dei lettori, dei lettori puri, che leggono per leggere, che sanno leggere che, insomma, leggono e basta...
Charles Péguy
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Colson Whitehead La fine del mondo come non era mai stata raccontata. Una pandemia ha devastato la Terra, lasciando gli esseri umani divisi in due categorie: i vivi e i morti viventi. Guidati da un governo provvisorio stabilitosi a Buffalo, gli americani cercano di restaurare la civiltà. Il loro primo obiettivo è spazzare via da Manhattan le ultime sacche di resistenza, rappresentate da soggetti infetti che non si sono trasformati in zombie ma si trovano in uno stato semicatatonico. Mark Spitz fa parte di una delle squadre di civili che lavorano nella zona sud dell'isola. È un personaggio tortuoso, fosco, confuso. Il suo mondo, il mondo in cui si muove, è un inferno di ludica violenza dove le tracce della follia umana e i danni di un capitalismo aggressivo coesistono con il disperato desiderio di ritrovare la propria umanità. Di Colson Whitehead (New York, 1969), considerato, insieme a Dave Eggers, Nathan Englander e Jonathan Safran Foer, uno degli esponenti di punta del nuovo romanzo americano, sono stati tradotti in Italia L'intuizionista, Il colosso di New York, Apex nasconde il dolore, Sag Harbor (Mondadori), John Henry Festival (minimum fax) e Zona Uno (Einaudi).
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