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La lettura è come la vita: un viaggio verso l’ ignoto, con la poesia del piacere e dell’ orrore.
Osvaldo Soriano
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Racconti di cinema Mettetevi comodi e fatevi avvolgere dal buio della sala - gli occhi allo schermo, il cuore in attesa. Nei fotogrammi di queste pagine c'è Marilyn pallida e struccata che beve champagne con Truman Capote, Orson Welles con la sua barba in giro per gli studios, ma anche John Holmes - la star del porno - immortalato per sempre da Bolaño al termine della sua parabola discendente. E ci siete voi, spettatori rapiti, nei panni del ragazzino arrampicato su un albero per sbirciare un film all'aperto, e nella civetteria di Nonoche che si lascia distrarre dall'avvenenza del vicino nel racconto di Irène Némirovsky. Il cinema fabbrica sogni proprio come la letteratura, secondo l'incantesimo descritto da DeLillo: «Qualunque luna di inquietudine e malinconia aleggiasse, quello era il luogo in cui tutto aveva la possibilità di evaporare». Trentatre racconti magistrali - di cui cinque inediti in italiano - che attraversano oltre un secolo per rendere omaggio al cinema, ai suoi sfarzi e deliri, ai suoi miti intramontabili, alle sue tentazioni e frustrazioni. Ciascuno è l'angolo di una immaginifica e infinita «cineteca di Babele». Una galleria di divi colti nei loro vezzi o fragilità, dietro la perfezione dell'immagine sullo schermo. L'Alberto Sordi di Mario Soldati, indolente, abitudinario, timorato di Dio e delle donne. O il Marlon Brando cui si rivolge Joyce Carol Oates in un'invettiva in versi da innamorata tradita: la spettatrice che da ragazzina ha saltato la scuola per vedere Il selvaggio non può accettare che quell'uomo bellissimo abbia «soffocato la bellezza nel grasso». E poi storie che hanno per protagonisti quella folla di individui il cui nome compare al massimo nei titoli di coda: sceneggiatori, produttori, scenografi, maestranze e figuranti alle prese col frenetico lavorio che rimane sempre fuori dall'inquadratura ma può condurre a dare la vita per il cinema, come capita ai personaggi dello snuff movie immaginato da Apollinaire nel 1907. Gli scrittori hanno cominciato presto a fare i conti con la settima arte, raccontandone le meraviglie e le insidie, il lato sfavillante e il lato oscuro, come oscura e misteriosa è la sala cinematografica, luogo di intrecci, di corpi che si sfiorano, di passioni consumate o solo sognate. Questa nuova dimensione dell'esperienza ha mutato radicalmente il nostro rapporto con le immagini e le narrazioni, con lo spazio e il tempo. E se è vero che oggi il cinema sembra avviarsi verso una fruizione solitaria simile a quella della lettura - cui possiamo accedere dove e quando vogliamo, interrompendo e riprendendo la visione a piacimento - e viviamo nel tempo in cui la finzione dilaga nella realtà, potremo sempre interrogarci insieme a Domenico Starnone su chi abbia deciso di abolire la magia della parola FINE. Emiliano Morreale insegna all'Università di Torino ed è Conservatore della Cineteca Nazionale. Tra i suoi libri: Mario Soldati. Le carriere di un libertino (Le Mani 2006) e L'invenzione della nostalgia. Il vintage nel cinema italiano e dintorni (Donzelli 2009). Per Einaudi ha curato Racconti di cinema (con Mariapaola Pierini, Supercoralli, 2014). Mariapaola Pierini insegna all'Università di Torino. Tra i suoi libri: Prima del cinema. Il teatro di Orson Welles (Bulzoni 2005) e Gary Cooper. Il cinema dei divi, l'America degli eroi (Le Mani 2011). Per Einaudi ha curato Racconti di cinema (con Emiliano Morreale, Supercoralli, 2014).
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