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In fondo, il mondo è fatto per finire in un bel libro.
Stéphane Mallarmé
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Aleksandar Hemon Il libro delle mie vite Nell'arco di undici anni, Aleksandar Hemon ha composto un'autobiografia in quindici stazioni che hanno la lucidità del saggio, la pienezza del romanzo di formazione e la tagliente intelligenza di una lingua che canta il nostro tempo come nessun'altra. «Ho smesso da un pezzo di anelare a una vita normale. Ora mi va bene qualunque vita che mi consenta di scegliere e agire». Ma per scelte e azioni che solcano universi una vita sola non basta. Ne occorre una per lo skyline notturno del centro di Chicago e una per la mappatura sgomenta di una Sarajevo mutilata dalla guerra. Una per il gioco degli scacchi contrari, dove lo scopo è perdere. Una per il piú assoluto dei dolori. È un'esistenza inimmaginabile fuori dai confini della letteratura quella che Hemon ci consegna in questo libro: troppo densa e straordinaria per essere declinata al singolare. Nelle sue vite la realtà esplode a ogni passo; lo sorprende, sconvolge, supera. Eppure lui la sa ricomporre in una serie di testi autobiografici riuniti secondo un'intima cronologia che li rende ancora piú eloquenti e interrelati. Dalla nascita della sorella, che lo costringe a rivedere i confini del proprio io, alla scoperta del mondo oltre i confini della «terra promessa del socialismo» durante uno sfortunato quanto esilarante viaggio in Italia; dai progetti magniloquenti e ingenuamente sovversivi partoriti con un gruppo di artistoidi nella Sarajevo socialista, allo shock di vedere il proprio mentore trasformarsi in mostruoso braccio destro di Karadzic; da un soggiorno di studio negli Stati Uniti divenuto esilio involontario, al ritorno nella Sarajevo post-assedio dove «era tutto straordinariamente diverso da quello che avevo conosciuto e tutto straordinariamente uguale a prima» - in ciascuna di queste stazioni Hemon tallona il proprio vissuto, orchestrando una cosmogonia di personaggi (fumettisti serbi in preda al panico da palcoscenico, taxisti rovinati dal vizio degli scacchi, calciatori animati da una vocazione apostolica) che con la loro forza terrena controbilanciano un orizzonte impietoso, e dai quali distilla una dimensione narrativa che gli consente di «estendere se stesso» e forse di «capire quello che mi è difficile capire». Lo strumento primo di conoscenza per Hemon resta però la lingua. E qui la lingua è intransigente, informa il caos, disegna simmetrie sottili; non per una preoccupazione estetica, bensí con l'intento di stabilire connessioni, fare emergere analogie tra mondi e persone differenti. A essa, giunto all'ultima stazione, l'autore si affida nel tentativo di comunicare un'esperienza per cui ottusamente diciamo che «mancano le parole»; e quando quelle esatte e gelide della medicina sembrano non bastare piú, quando il dolore lo spinge ad ammettere che «ciò che è difficile da immaginare è difficile da ricordare», il racconto si allenta e scioglie nel linguaggio della pura empatia. Aleksandar Hemon è nato a Sarajevo nel 1964 e dal 1992 vive negli Stati Uniti, dove è rimasto bloccato dallo scoppio della guerra in Bosnia poco tempo dopo il suo arrivo. Appena tre anni più tardi ha cominciato a scrivere in inglese, riscuotendo gli elogi della critica anche per la ricchezza del suo stile, al punto da aggiudicarsi nel 2004 la prestigiosa «genius grant» della MacArthur Foundation, ed è oggi unanimemente considerato uno tra gli autori più raffinati e interessanti in circolazione. Presso Einaudi ha pubblicato Spie di Dio nel 2000 (da cui è tratto il racconto Blind Josef Pronek & Dead Souls, uscito nella collana digitale dei Quanti nel 2013) e Nowhere Man nel 2004. Il progetto Lazarus (Einaudi 2010), risultato finalista al National Book Award 2008, vive, oltre che nel romanzo di Hemon, nelle fotografie di Velibor Bozovic che l'accompagnano, e in un sito internet(http://aleksandarhemon.com/lazarus) che ne è l'ideale rimando multimediale. Nel 2013, sempre per Einaudi, è uscito Il libro delle mie vite.
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Recensioni «Le due vite di Hemom», di Michele De Mieri - Il sole 24 ore Domenicale 27/10/2013 «Con la scrittura posso vincere anche la morte» di Piero Negri - Ttl La Stampa 12/10/2013 «Se le vite immaginate spiegano quelle reali» di Giorgio Vasta - La Repubblica 02/02/2014
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