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Freud scrittore dell' inconscio

Angela Peduto

 

Libreria Einaudi, Via Mascarella 11/A Bologna

Giovedì 25 ottobre 2012 ore 18.30 ingresso libero

Angela Peduto, psicoanalista

 

La letteratura è per Freud innanzitutto un amore intenso.  La sua cultura letteraria è vasta e profonda: giovanissimo ha già letto i greci, conosce Shakespeare, Dostoevskij, Cervantes, Schiller e sarà sempre in grado di citare Goethe a memoria. Ma per Freud è la scienza  l'interlocutore ineludibile. Se un demone lo abita, questo demone è la passione per la verità. Ed è lo scienziato, non il poeta, a incarnare l'ideale di colui che persegue la verità a qualunque prezzo e contro ogni mistificazione.

Certo, il poeta arriva là dove lo scienziato stenta ad arrivare, ma la letteratura è anche finzione, è sintomo. Solo lo scienziato non indietreggia davanti alla verità.  E per questo i rapporti di Freud con la letteratura saranno sempre difficili e tormentati.

Quando Freud inizia la stesura dei casi clinici incontra subito il problema della forma da dare loro.  Le pazienti gli parlano di sogni, di fantasie. Il loro racconto segue quella logica associativa nella quale egli ha intravisto la via da seguire per spingersi verso il non detto, il non conosciuto. Come rendere conto di  questo? Il resoconto psichiatrico tradizionale, solidamente ancorato al visibile ( i segni, i comportamenti) e all'oggettivabile (la nosografia, le classificazioni), non ha nulla a che vedere con la realtà nuova che si materializza nelle parole delle pazienti. Una realtà instabile, mutevole, impastata nella materia degli affetti e della sessualità, errante tra il corpo e il linguaggio. Occorrerà allora volgersi alla forma narrativa. E così, suo malgrado, lo scienziato finisce per ritrovarsi sullo stesso terreno del poeta, inciampando nuovamente in quel legame pericoloso ed intimo, in quell'affinità inquietante che egli avrebbe preferito eludere.

 Tutta la storia dei rapporti tra la psicoanalisi e la letteratura parla di questo incastro originario e degli imbarazzi che produce. Imbarazzi a doppio senso, poiché se gli psicoanalisti oscillano tra il cedere alla tentazione letteraria e il farsi invece saggi, rinnegando la parentela ed esercitandosi sul corpo letterario come sul corpo di un sogno da decifrare, è vero anche il contrario. I letterati, dopo che i loro padri del 900 hanno frequentato con assiduità ed esiti diversi il sapere psicoanalitico, oggi sembrano situarsi a distanze incolmabili,  salvo apparire a volte posseduti dalla psicoanalisi, il testo letterario assillato e colonizzato, più che ispirato, dai fantasmi che la psicoanalisi ha reso familiari.

Tra diffidenze e seduzioni reciproche, ora estranei ora complici, psicoanalisti e scrittori restano pur sempre interessati gli uni agli altri. Per gli uni come per gli altri la scrittura può imporsi come necessità, può essere un'esigenza imperiosa: il modo per lottare contro l'inerzia e la stasi, contro il silenzio del pensiero. (Angela Peduto)

 

 

 

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