Richiedi la Card Einaudi
è gratuita
hai subito 3 vantaggi
Stampa il buono per
ritirare la Card Einaudi
Ecco quello che non si dovrebbe mai cessare di essere: dei lettori, dei lettori puri, che leggono per leggere, che sanno leggere che, insomma, leggono e basta...
Charles Péguy
|
OvidioMetamorfosia cura di Alessandro Barchiesi e con un saggio introduttivo di Charles Segal traduzione di Ludovica Koch (Libri I-IV) e Gioachino Chiarini (Libri V-XV) Insieme all'Odissea, le Metamorfosi sono il libro più fortunato che l'antichità classica ci abbia lasciato. Dante e Shakespeare, pittori e scultori, musicisti e romanzieri di ogni paese e di ogni età lo hanno amato, riscritto, illustrato, dipinto. Volume I, LIBRI I-II commento di Alessandro Barchiesi, con un saggio introduttivo di Charles Segal Come tutti i grandi libri, le Metamorfosi si aprono con il Principio stesso delle cose, il Caos che dà luogo all'armonia del cosmo, la creazione dell'uomo. Nei primi due libri, il Diluvio universale; i giganti che attaccano l'Olimpo; Dafne che, inseguita da Apollo, diviene l'alloro dei poeti. Il carro del sole guidato da Fetonte precipita in mare, Callisto sale al cielo in forma di Orsa Maggiore; il bianco toro - Giove - rapisce Europa e in groppa la porta sul mare, lei, atterrita, guarda sparire la spiaggia, "si gonfiano e palpitano al vento le vesti". Volume II, LIBRI III-IV commento di Alessandro Barchiesi e Gianpiero Rosati Nei libri III e IV troviamo alcuni degli episodi più belli di tutta l'opera, centrati sulle vicende mitiche di Tebe. Cadmo uccide il drago, ne semina i denti - dai quali nascono guerrieri che si sterminano fra di loro - e fonda la città. Atteone vede Diana nuda, è trasformato in cervo e sbranato dai suoi stessi cani. Narciso, specchiandosi nell'acqua, si innamora di se stesso e diviene un fiore. Eco lo ama perdutamente e, respinta da lui, rimane puro suono che ripete le parole nell'aria. Semele, amata da Giove, chiede al dio di unirsi a lei in tutto il suo fulgore e rimane incenerita. Ino alleva il figlio dei due, Bacco, impazzisce su istigazione di Giunone, si getta nei flutti e diventa dea marina. Piramo e Tisbe, amandosi follemente, si uccidono l'una dopo l'altro, e il sangue tinge di nero le bacche bianche del gelso. Perseo vince Medusa e ne usa il capo, il cui sguardo pietrifica, per mutare Atlante in monte. Storie, direbbe Shakespeare, di "suono e furore", nelle quali la guerra fratricida, l'amore infelice, il volto del terrore, divengono città, fiori, sassi, foglie scure, e in cui la voce si perde nel vento. Volume III, LIBRI V-VI commento di Gianpiero Rosati Nel libro V ecco il completamento del ciclo dedicato a Perseo; poi, al centro del libro VI, l'orrenda tragedia di Tereo, Procne e Filomela - una cupa narrazione di violenza carnale, mutilazione e cannibalismo - che fa nascere l'usignolo, la rondine e l'upupa nel mondo postdivino. Ma i due libri contengono anche le storie degli umani che hanno osato sfidare gli dèi: come Niobe che contesta a Latona la sua divinità. E soprattutto mettono in primo piano le vicende di coloro che hanno voluto gareggiare con gli immortali nelle arti: le Pieridi contro le Muse, Aracne contro Minerva, Marsia contro Apollo. Risuona, qui, il motivo del rapporto fra potere e artisti, centrale nella cultura augustea e nella vita di Ovidio stesso. Esso rientra però in quello più generale che riguarda la natura della poesia: in cosa si distingue quella umana da quella divina? Il flauto di Marsia da quello di Apollo, la tela complessa di Aracne da quella di Minerva, l'elaborato racconto delle Pieridi dalle creazioni delle Muse? Il mito è di tutti, e tutti, uomini e dèi, lo cantano. "Piantatela di ingannare la gente ignorante con vane armonie", dicono le nove figlie di Piero alle nove dee dell'ispirazione. Invariabilmente sconfitti, gli umani che si provano nelle arti contro i signori dell'Olimpo appaiono però narratori, tessitori di mitiche meraviglie e musici impareggiabili: come Ovidio. Volume IV, LIBRI VII-IX commento di Edward J. Kenney Con il quarto volume dell'opera giungiamo ai libri centrali delle Metamorfosi, quelli che vanno dal VII al IX. Vi incontriamo vicende celeberrime: quella, furibonda, di Giasone e soprattutto di Medea durante e dopo la spedizione degli Argonauti, la prima che abbia solcato il mare; la terribile pestilenza di Egina; le storie tragiche di Cefalo e Procri, di Minosse e Scilla, di Ercole e Deianira; ma anche, all'estremo opposto, la favola delicatissima e commovente di Filemone e Bauci, che gli interpreti del Medioevo cristiano seppero bene come spiegare. I due vecchi sposi ospitano Mercurio e Giove nella loro misera capanna, pronti persino a sacrificare la loro unica oca per sfamare degnamente gli dèi. Volume V, LIBRI X-XII commento di Joseph D. Reed Siamo, nella narrazione sinuosa di Ovidio, alla generazione immediatamente precedente quella della guerra di Troia. Dominati dal canto di Orfeo che ha perso Euridice, i Libri X-XII raccontano alcune tra le storie più belle di tutta l'opera, nella quale si fondono ora epica e storia mitica del mondo. E Orfeo stesso che si presenta agli Inferi reclamando la sposa uccisa dal morso di un serpente e che poi la perde per essersi voltato a guardarla mentre la conduce fuori dall'Averno. Fugge allora in luoghi remoti consolandosi col canto e narrando la storia di Ganimede. Da questa nasce quella di Giacinto, e poi quella di Pigmalione, che a sua volta fa emergere quella di Venere e Adone. E quando Orfeo viene fatto a pezzi dalle Baccanti, subito viene evocato Mida, e poi Esione, e quindi Peleo e Teti, i genitori di Achille. Allora prende il via la fondazione di Troia, e il racconto dell'immane guerra. In mezzo, ecco però la storia delicata e dolente di Ceice e Alcione: dell'uomo che, per consultare l'oracolo, s'imbarca, incontra una furibonda tempesta, annega; e della sposa che - avvisata da Morfeo nelle vesti del marito - vuole raggiungere il corpo di lui nel mare e si getta saltando dal molo. Volume VI, LIBRI XIII-XV commento di Philip Hardie Da Troia a Roma, da Achille a Ulisse a Enea: e poi a Romolo, Numa Pompilio, Giulio Cesare, Augusto. Ovidio sceglie di terminare le "Metamorfosi" con afflato epico, combinando "Iliade", "Odissea" ed "Eneide" in un unico straordinario amalgama. Ma non dimentica l'ispirazione centrale del suo poema, il divenire. Ne è esempio mirabile, fra tanti, la metamorfosi di Glauco che, respinto da Scilla, si getta in mare dopo aver gustato l'erba miracolosa diventando un dio, nel "trasumanar" che giungerà sino a Dante. Alessandro Barchiesi è professore di letteratura latina all'Università di Siena ad Arezzo. |
||||||||||||||||||||||||||||||||||||