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Italo Calvino
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Alighiero BoettiCatalogo generaleVOLUME III tomo II Con il secondo volume del terzo tomo prosegue il lavoro di archiviazione e lettura scientifica dell’opera di Alighiero Boetti, avviata nel 2009 sotto la direzione di Anna Marie Sauzeau e Jean-Christophe Ammann. VOLUME III tomo I Una nuova tappa del catalogo ragionato dell'opera di Alighiero Boetti, uno degli artisti più influenti del XX secolo. Il volume tratta gli anni dal 1980 al 1987. Negli anni ’80 si intensifica la produzione dei lavori su carta, in cui Boetti crea un microcosmo di immagini e iscrizioni. Molte di queste carte sono una sorta di diario sul quale l’artista appunta date, pensieri, riflessioni. Le frasi sono sempre scritte con la mano sinistra in quanto per l’artista “scrivere con la sinistra è disegnare”. Spesso le carte presentano riferimenti a immagini di opere precedenti, con collage di elementi fotografici o serigrafici. L’iconografia autoreferenziale di “Due mani e una matita” ritorna come base serigrafica in diverse opere, tra cui quelle della serie “Tra sé e sé”. In “Afghanistan” l’artista pone al centro della composizione “tra sé e sé” una forma in inchiostro nero contenente le sagome dello stato dell’Afghanistan. Questo è un omaggio che Boetti fa a questo paese, che aveva eletto a suo paese adottivo e nel quale aveva soggiornato a più riprese a partire dal 1971, e che in seguito all’occupazione da parte delle armate sovietiche nel 1980 non avrebbe più potuto visitare. Alighiero Boetti (Torino, 1940 – Roma, 1994) è stato uno dei maggiori protagonisti dell’arte italiana del secondo dopoguerra. Si avvicina all’arte da autodidatta, coltivando numerosi interessi a cui si dedicherà nel corso della vita: dalla musica alla matematica, dalla filosofia all’esoterismo. Germano Celant lo include nella prima mostra del movimento Arte Povera presso La Bertesca di Genova nel settembre del 1967. Nei primi anni realizza sculture povere con materiali industriali, come eternit, ferro, legno e vernici a smalto. Nel 1971 compie un viaggio in Afghanistan e dà inizio al celebre progetto delle Mappe, una serie di arazzi che rappresentano il planisfero politico e che documentano, nel corso degli anni, gli spostamenti dei confini nazionali. Intessute per lui da un gruppo di donne afghane, le mappe sono per Boetti anche un motivo di riflessione sulla delega del lavoro manuale da parte dell’artista. Nel 1972 la sua arte subisce una svolta concettuale: l’artista comincia a firmarsi “Alighiero e Boetti”. Quella “e” tra il nome e il cognome diventa manifesto dello scambio dialettico tra le due metà di se stesso: l’uomo e l’artista. Boetti è affascinato dai sistemi concettuali utilizzati dall’umanità per organizzare le proprie conoscenze e quantificare fenomeni non quantificabili. Molti dei suoi lavori, realizzati con i media più diversi (penna su carta intelata, cartoline, francobolli, tessuti), seguono precise “regole del gioco” e assumono spesso la forma di estenuanti esercizi di ripetizione di figure o simboli, basati su ritmi musicali o matematici. Incluso nella mostra capitale di Harald Szeemann When attitudes become form (1969), è stato sei volte presente alla Biennale di Venezia, con sala personale premiata nell’edizione del 1990 e un omaggio postumo nel 2001. |
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