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Platonov, Cevengur


collana: Letture Einaudi  
editore: Einaudi
data pubblicazione: 2015
pagine:  XXIV - 512
prezzo: € 26,00
ISBN: 978880621864
a cura di: Ornella Discacciati
argomento: narrativa straniera
formato: brossura
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Andrej Platonov

Cevengur


«Molte cose di questo romanzo restano nella memoria con la prepotenza coesiva delle cose poeticamente indimenticabili».  Pier Paolo Pasolini

Una città dimenticata da Dio nel cuore della steppa, abitata da uomini inselvatichiti dalla miseria. Ma anche in questo luogo è passata la rivoluzione e ha lasciato sogni e sentimenti sulla nuova società da costruire. Il romanzo di Platonov è la cronaca emozionante, ora tragica, ora comica, di questo momento magico, quando gli ultimi del mondo sembrano diventare i protagonisti della Storia. Gli esiti della rifondazione utopica sono paradossali, bislacchi, votati al disastro, che puntualmente arriverà, ma i personaggi restano nella memoria del lettore con tutto il loro carico di umanità. Uno dei più grandi capolavori della letteratura russa del Novecento, scritto nella seconda metà degli anni Venti ma pubblicato in Russia solo nel 1988, in una nuova edizione integrale accuratamente tradotta.

Frutto di inquietudini moderniste, Cevengur di Andrej Platonov rientra a pieno titolo in quel filone della letteratura russa nel quale la fede incondizionata nelle teorie non godeva di largo credito. A quelle visioni del mondo preconfezionate, sostenute con forza dall'intelligencija radicale, scrittori come Turgenev, Dostoevskij e Tolstoj opposero, con pervicacia al limite dell'ostinazione, autentici capolavori. I più grandi romanzi dell'Ottocento russo sono, come è stato detto, «romanzi di idee nella misura in cui sono romanzi che lottano contro la supremazia delle idee»: si cimentano con la materia della realtà, con le scelte quotidiane del singolo, con l'imprevedibilità della vita e preferiscono instillare dubbi piuttosto che diffondere credo. Se in Cevengur il tessuto polifonico, la costruzione argomentativa, l'esposizione delle teorie coeve con una lucidità che già da sola ne smaschera la disumanità, rinviano ai grandi romanzi di Dostoevskij, come non ascrivere a Tolstoj, il «profeta della carne», l'assillo tutto platonoviano per la caducità del corpo umano e per le passioni carnali?

Dalla prefazione di Ornella Discacciati


Andrej Platonovic Platonov nasce nel 1899 a Jamskaja Sloboda, un sobborgo di Voronez; il padre è operaio alle ferrovie. Per mantenere la famiglia numerosa si adatta a ogni tipo di lavoro, ma non abbandona gli studi né la passione per la letteratura. Nel 1920 aderisce al Partito comunista ma l'anno seguente restituisce la tessera. Con la qualifica di ingegnere viene destinato a opere di bonifica nella campagna remota dove, soprattutto di notte, scrive i suoi primi racconti. Dilaniato tra l'amore per il suo lavoro di tecnico e la passione per la scrittura, entrambi strumenti per contribuire all'edificazione della nuova società nella quale crede, continua a comporre opere che avranno sempre problemi con la censura. Nel 1931 la pubblicazione del racconto A buon pro provoca l'intervento dello stesso Stalin: «Punire in modo esemplare i redattori, e che buon pro gli faccia». Intorno a Platonov è terra bruciata: qualche anno dopo suo figlio appena adolescente viene arrestato e deportato in un lager. Nonostante tutto continua a scrivere: Lo sterro, Mosca felice, Dzan, Fro, Il fiume Potudan', Il terzo figlio, saggi, pièce, favole e racconti di guerra, ma solo raramente le sue opere superano il vaglio della censura e l'ostracismo della critica. Muore di tubercolosi a Mosca nel 1951. Di Platonov Einaudi ha in catalogo Cevengur (Letture, 2015).

 

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