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Psicoanalisi e letteratura

I racconti dell’adolescenza: parole tra scrittura e ascolto.

L’adolescenza, per le sue caratteristiche specifiche legate alla complessità dei processi di identificazione, si rivela un indicatore straordinario delle trasformazioni socioculturali della nostra società, oltre che del disagio attuale della civiltà. La conversazione tra uno psicoanalista e uno scrittore diventa un’opportunità per tornare a parlare di adolescenza anche sul piano dell’attività clinica e terapeutica. Ancora una volta psicoanalisi e letteratura si incontrano, per farsi tramite, in un dialogo a due voci, di conoscenza individuale e collettiva.

sabato 10 febbraio 2024 ore 17.00 - 18.00

Libreria Einaudi via Mascarella 11/a

 

Giorgio Scianna

autore di

"Senza dirlo a nessuno"

in dialogo con

Giuseppe Silvestris

 

Senza dirlo a nessuno è un romanzo dove le generazioni s'incontrano, dal ritmo incalzante come una spy-story

Manish ha sedici anni e vive insieme al padre, che piú che un genitore sembra un coinquilino distratto. La sua vita a Londra è quella che vorrebbe qualsiasi sedicenne: nessun divieto, nessuna raccomandazione, nessuna domanda quando rientra a casa. L’ideale per lui, che è cosí taciturno. Finché una mattina d’estate, all’insaputa di tutti, prende un aereo per Roma. È proprio in quella città a lui sconosciuta che, durante una retata al parco, i poliziotti lo arrestano per spaccio. Manish però continua a tacere. Sua madre vive a Genova, e quando la informano dell’arresto lascia di corsa i bambini e il nuovo marito per raggiungere quel suo primo figlio cosí enigmatico. Eppure in poche ore, inspiegabilmente, Manish viene rilasciato con tante scuse da parte delle forze dell’ordine. I poliziotti sorridono, minimizzano: sembrano avere troppa fretta di chiudere il caso. Cos’è successo davvero in quel parchetto di Roma? La madre potrebbe fare finta di niente, tornare alla sua vita e accontentarsi del pericolo scampato. Ma nello sguardo del figlio intravede un segreto piú grande di lui. E allora sceglie di andare nella direzione opposta, dritta al cuore di un mistero dove la posta in gioco è il futuro di tutti loro. Libro dopo libro, Giorgio Scianna sta mettendo insieme una mappa dell’oggi: nessuno come lui sa parlare cosí schiettamente agli adolescenti, e ai loro genitori. Stavolta al centro del racconto c’è la responsabilità delle proprie scelte, la fiducia, il bisogno di indipendenza, gli errori degli adulti quando una famiglia si spacca. Senza dirlo a nessuno è un libro che ci ricorda a ogni pagina quanto l’adolescenza – anche per chi ne è lontanissimo – sia un affare maledettamente serio.


Giorgio Scianna è nato nel 1964 a Pavia, dove vive, lavorando a Milano. Per Einaudi ha pubblicato i romanzi Fai di te la notte (2007, vincitore del Premio Comisso), Diciotto secondi prima dell'alba (2010), Qualcosa c'inventeremo (2014), il fortunato La regola dei pesci (2017 e 2021, vincitore del Premio internazionale di letteratura Città di Como), Cose più grandi di noi (2019 e 2022, vincitore del Premio Grazia Deledda), La api non vedono il rosso (2021, vincitore del Premio Letterario Chianti) e Senza dirlo a nessuno (2024).

Giuseppe Silvestris Psicologo clinico e del lavoro nasce nel 1957, si è laureato in Psicologia clinica sperimentale all’Università degli Studi di Padova, ha terminato la sua formazione presso il Tavistok Institute di Londra e successivamente presso l’Università Cattolica di Milano. Svolge la libera professione lavorando anche per Organizzazioni Pubbliche e Private a livello nazionale ed internazionale. A tali attività ha da sempre affiancato la formazione e la ricerca. Svolge regolarmente docenza sia per enti privati che per le Università pubbliche italiane e straniere nei percorsi di specializzazione e di master post laurea. E’ membro del direttivo dell’Associazione Culturale OfficinaMentis di Bologna.


      

Franco Zabagli 

Pier Paolo Pasolini:
una lettura della nostalgia

Sabato 22 aprile 2023
Ore 17:00-18:30
Libreria Einaudi, Via Mascarella 11/A

– BolognaWolfgang Lettl, 1977 ‍Il percorso poetico di Pasolini si svolge dai primi anni Quaranta al 1975, in un’Italia ancora prevalentemente arcaica e contadina, che con la ricostruzione postbellica si apre alle accelerazioni del boom economico e a uno sviluppo neocapitalistico del tutto identificato nella società dei consumi. Pasolini è stato l’interprete più tempestivo e veemente di questo cambiamento epocale, dal quale si origina una ‘nostalgia’ che da sentimento elegiaco diventa un formidabile strumento di interpretazione della realtà. Attraverso il suo amore per la vita nelle sue manifestazioni più umili e autentiche, Pasolini diventa una ‘forza del passato’ che smaschera le false idee di progresso, i feticci del consumismo, l’’irrealtà’ con la quale i mass media hanno violato nel profondo la coscienza degli individui. Tutto questo non si esprime in una filosofia sistematica, ma attraverso l’agire di un uomo che è stato soprattutto un poeta, che dalle forme stilistiche e metriche della grande tradizione letteraria ha saputo cimentarsi, ‘più moderno di ogni moderno’, in uno strepitoso, ineguagliato sperimentalismo di linguaggi e tecniche.   Franco Zabagli è uno dei più importanti studiosi dell’opera di Pier Paolo Pasolini. Ha curato l’archivio dei manoscritti di Pasolini presso il Gabinetto Vieusseux e ha lavorato all’edizione completa degli scritti cinematografici per i «Meridiani» Mondadori. Tra i suoi ultimi lavori: Mamma Roma. Un film di Pier Paolo Pasolini (2019) e Il primo libro di Pasolini, riedizione anastatica di P. P. Pasolini, Poesie a Casarsa (2019). Del 2022 la raccolta di saggi Filologia minima su Pasolini e altro. Filologo e studioso di letteratura italiana, oltre che su Pasolini, ha scritto saggi su Leopardi, Pascoli, Montale. Sempre per Mondadori, ha lavorato alvolume delle Lettere a Clizia di E. Montale.

 



Riprende la collaborazione tra OfficinaMentis e la libreria Einaudi di Bologna e finalmente, dopo la lunga forzata pausa pandemica, possono riavviarsi gli eventi pubblici. Siamo felici di annunciarvi il prossimo ciclo di conferenze.

Sabato 25 marzo: Guerra e pace secondo Freud (Angela Peduto)
Sabato 22 aprile. Pier Paolo Pasolini: una lettura della nostalgia (Franco Zabagli)
Sabato 13 maggio. Nel tempo delle utopie radiose: creazione e follia nella Russia degli anni Venti (Giordana Charuty)
Sabato 17 giugno. La pace perpetua di Emmanuel Kant: un’utopia? (Angela Peduto & Raffaele Riccio).

 

Guerra e pace secondo Freud

Angela Peduto

Sabato 25 marzo 2023
Ore 17:00-18:30
Libreria Einaudi, Via Mascarella 11/A – Bologna

Ingresso libero. Posti a disposizione limitatiBansky, Ginnasta danza tra le macerie, Ucraina, 2022‍Ogni guerra ha le sue ragioni: storiche, politiche, economiche, sociali. Ma cosa pensare della Guerra come fenomeno antropologico generale? La consideriamo un’anomalia, un’aberrazione, uno scandalo, una mostruosità, una follia, qualcosa che non dovrebbe esserci. Eppure la guerra non esce dalla Storia, segue la civiltà come un’ombra: così facendo ne interroga i limiti e la natura stessa, la genesi e il cammino. Come spiegare che ogni civiltà, opera degli uomini e al servizio della loro vita, corra invariabilmente verso il precipizio?È a questo livello che si colloca la riflessione freudiana, espressa in due testi, uno scritto nel 1915, l’altro nel 1932, in un arco di tempo che si dispiega tra la prima Guerra e i segni prodromici della seconda.Di questa riflessione, irrinunciabile per noi, testimoni e attori di un cupo tempo storico, cercheremo di dare conto.Il percorso di riflessione che apriamo con Freud proseguirà con un secondo incontro, programmato per sabato 17 giugno 2023: ci occuperemo del grande progetto kantiano di pace perpetua, facendo dialogare Kant con filosofi del passato (Tommaso Moro) e del presente (Marc Crépon).

per partecipare inviare la richiesta a Questo indirizzo email è protetto dagli spambots. E' necessario abilitare JavaScript per vederlo. e vi verrà inviato il link per il collegamento

 in collaborazione con 

 



Agnès Cousin de Ravel

Tradurre la Commedia in francese
Voce recitante Gabriella Lippolis

Sabato 20 novembre 2021 - ore 17:00
L’evento si terrà in presenza e su Zoom

CostArena - Via Azzo Gardino 48 - Bologna

in presenza. Sarà richiesto il Green Pass per accedere alla sala. piattaforma Zoom. Si potrà entrare utilizzando le seguenti coordinate:
https://us02web.zoom.us/j/82182219326?pwd=RFRsa3p6M3FNeDJaY0ZYMTdUbzNGUT09
ID riunione: 821 8221 9326 Passcode: 564441

L’opera di Dante arriva in Francia già nel Medioe­vo. La poetessa Christine de Pizan conosceva la Com­media e la preferiva al famoso Roman de la Rose; nel Rinascimento, alla corte del re Francesco I°, il testo veniva letto ogni giorno. Così, a partire dalla fine del Cinquecento, divenne necessario cominciare a tradur­lo. È difficile tradurre un poema senza impoverirlo: tra­durre la Commedia significherebbe correre il rischio di tradire il pensiero del sommo poeta?Tradurre è un doppio incontro: con l’autore e con il proprio lettore. Tradurre la Commedia pone il pro­blema di ogni traduzione poetica: rendere conto in un’altra lingua di un’opera poetica, sapendo che un poema esiste attraverso la lingua. In più, nella Com­media, Dante inventa la sua lingua, il che pone ulte­riori problemi al traduttore, costretto a muoversi tra due lingue, la propria e quella di Dante, per non tradi­re (troppo) nessuna delle due. Questi problemi rinno­vano in fondo quelli che si ponevano allo stesso Dante quando scriveva la Commedia.Tradurre la Commedia è intrecciare due voci, due singolarità, due sensibilità, due culture e due lingue: il volgare sublime di Dante nel Trecento e il francese contemporaneo. Tradurre è creare legami tra un’ope­ra, il suo autore e un lettore sconosciuto, in un’epoca che ha i suoi propri miti, un rapporto specifico con l’e­sterno, con le altre culture, con le altre lingue. Inol­tre, la storia delle traduzioni francesi della Commedia è strettamente legata alla storia politica e anche al mutare delle lingue. Tradurre è un’impresa audace e difficile – per nostra fortuna spesso riuscita - perché la lingua di Dante, i suoi versi, portano i traduttori fino al limite stesso della possibilità di tradurre.Dal 1965 ad oggi sono dieci le traduzioni in fran­cese di cui disponiamo, tutte in versi: esse rispondono a presupposti, progetti, obiettivi molteplici e si indi­rizzano a pubblici molto diversi. Inoltrarci in alcune di queste soluzioni sarà il filo conduttore del nostro in­contro.


Agnès Cousin de Ravel: francesista, saggista, Tra i suoi ulti­mi libri: Quignard, maître de lecture, Lire, vivre, écrire (Paris, 2012); Quignard, Vies, Oeuvres (Paris, 2018); Blaise Pascal, Un autre visage (Paris, 2020).  Appassionata dalla cultura ita­liana, da qualche anno studia l’italiano per diletto.

 



in collaborazione con

    ACCADEMIAVIVARIUM NOVUM


Antonella Cosentino e Angela Peduto

“Le cose tutte quante hanno ordine tra loro”

Armonie e disarmonie nelle rappresentazioni dantesche della natura

Letture a cura di Filippo Lanzi & Gabriella Lippolis

Sabato 16 ottobre 2021 - ore 17:30


L’evento si terrà su Zoom

accedi utilizzando il seguente link:https://us06web.zoom.us/j/84057690310

La diffusione della Scolastica, in piena età medie­vale, apre la strada ad una rinnovata fiducia nella ra­gione e nei suoi strumenti conoscitivi e produce un profondo cambiamento nella concezione della natu­ra; essa si laicizza, perdendo quella valenza simboli­co-allegorica che era stata carattere essenziale del­la sensibilità medievale e alla base del sentimento di continuità tra natura e divino.Non accade lo stesso ai poeti: “Il senso allegorico del mondo muore gradatamente e il gusto allegorico della poesia rimane, familiare e radicato. Il XIII secolo, nelle sue manifestazioni di pensiero più evolute, rinun­cia definitivamente alla interpretazione allegorica del mondo, ma produce il prototipo dei poemi allegorici, il Roman de la Rose” (U. Eco, 1987).Saranno dunque i poeti a perpetuare l’immagine di una realtà naturale che parla attraverso una fitta rete di simboli, sui quali l’uomo eserciterà l’arte dell’inter­pretazione – fonte per lo spirito medievale di profondo diletto. E saranno proprio i poeti a ribadire l’idea di una continuità fra la natura e il soprannaturale: una natura di cui l’uomo si sente intimamente partecipe e dove si colloca come parte di un tutto, contemplandola “da vicino”, con uno sguardo miope privo di distanza e di oggettivazione.Nella Commedia dantesca la natura si rivela stru­mento privilegiato per manifestare il rapporto di ar­monia e disarmonia esistente fra creatore e creatura. Dalle raffigurazioni di una natura infernale stravolta, deformata, violata, espressione di una frattura profon­ da fra l’uomo e Dio, passando attraverso alcune raf­figurazioni naturalistiche del Purgatorio, in cui si per­cepisce la ricerca di una ricomposizione ancora non raggiunta, la nostra carrellata di immagini giungerà al tripudio luminoso del Paradiso, dove gli elementi na­turalistici ritrovano l’indicibile perfezione primigenia, a testimoniare la ricomposta unità del Tutto.Angela Peduto: Angela Peduto è psicoanalista, tradut­trice, saggista. Membro di Espace Analytique (Paris) e della Fondation Européenne pour la Psychanalyse, è presidente dell’associazione OfficinaMentis, nella quale anima un’inten­sa attività di seminari e conferenze. I suoi campi di interesse riguardano soprattutto i processi creativi; ha esplorato con strumenti psicoanalitici il mondo espressivo di scrittori classici e contemporanei e di musicisti e compositori (A. Vivaldi, Clara Wieck Schumann), dedican­do a questi temi articoli e conferenze pubbliche. Specialista di Pascal Quignard, ha tradotto alcuni suoi libri e contribuito alla ripresa in Italia dell’interesse per questo scrittore.Antonella Cosentino: Antonella Cosentino è italianista e scrittrice. Da anni è presente presso biblioteche, centri o associazioni culturali di Bologna e provincia con conferenze nell’ambito dell’antropologia, della letteratura classica, del­la letteratura e della psicologia. Collabora con il laboratorio teatrale nato presso il Teatro Con­sorziale di Budrio, per il quale scrive testi inediti o riduzioni teatrali di opere classiche. Tra i suoi libri più recenti, “Dalla mia finestra si vedeva il mare” (2013), “Come un ramo sull’acqua” (2016, vincitore del pre­mio Todaro-Faranda), “I silenzi di Medea” (2021)

Calendario degli incontri dedicati a Dante:In data da definire:

Agnès Cousin de Ravel (francesista), Le traduzioni francesi della Commedia (titoloprovvisorio)

Raffaele Riccio, Le traduzioni spagnole della Commedia (titolo provvisorio)


 

  


Giorgio Antonelli

“Se presso al mattin del ver si sogna”

Sabato 2 ottobre 2021 - ore 17
L’evento si terrà in presenza e su Zoom

CostArena - Via Azzo Gardino 48 - Bologna

in presenza. Sarà richiesto il Green Pass per accedere alla sala. I posti a disposizione saranno limitati e sarà perciò necessaria una prenotazione, da inviare all’indirizzo di OfficinaMentis ( Questo indirizzo email è protetto dagli spambots. E' necessario abilitare JavaScript per vederlo. ) specificando in oggetto:

Prenotazione Costa 2 Ottobre 2021 piattaforma Zoom. Si potrà entrare utilizzando le seguenti coordinate:
https://us02web.zoom.us/j/85183068048?pwd=VmpzcEg2WWJkT20vaVEwMWJ6QkNQZz09
ID riunione: 851 8306 8048


Giorgio Antonelli, poeta e psicoanalista, svilupperà un tema a noi particolarmente caro: il sogno. Lo svilupperà a partire da un verso di Dante, "Se presso al mattin del ver si sogna", e dipanerà il filo dalla concezione medievale del sogno fino alle elaborazioni freudiane della Traumdeutung, la grande Interpretazione dei sogni apparsa esattamente a cavallo del Novecento.Giorgio Antonelli: poeta, psicoterapeuta. Docente presso la scuola di specializzazione in psicoterapia a indirizzo anali­tico ATANOR a Scoppito (L’Aquila). Docente presso il CSTG (Centro Studi di Terapia della Gestalt) di Siena e Milano. Tra i suoi più recenti lavori, pubblicati dall’editore romano Li­thos, figurano “Dea coscienza e luogo psicoterapia” (2020) e “Analisti imprevisti. Una nonstoria della psicologia dinami­ca” (2021). Sul sogno ha pubblicato nel 2010 l’ampio volume “Discorso sul sogno” (http://www.giorgioantonelli.it/discorso-sul-sogno.html)

Calendario degli incontri dedicati a Dante:

In data da definire:Agnès Cousin de Ravel (francesista), Le traduzioni francesi della Commedia (titolo provvisorio)Raffaele Riccio, Le traduzioni spagnole della Commedia (titolo provvisorio)  


 

              

Antonella Cosentino

Eliot e Dante: “… e quindi uscimmo a riveder le stelle”


Sabato 24 aprile 2021 - dalle 17 alle 18:30 via Zoom
voci recitanti Filippo Lanzi & Gabriela Lippolis


oppure accedi usando il link
https://us02web.zoom.us/j/82198666125?pwd=eUp5UTBTVkphZWZJazBRWXIrL2Iwdz09
ID riunione: 821 9866 6125
Passcode: 501925*Per ragioni organizzative e tecniche potranno collegarsi non più di 100 persone

“…E ’n la Sua volontade è nostra pace:ell’è quel mare al qual tutto si moveciò ch’ella cria o che natura face", dice Dante, nel terzo canto del Paradiso ai vv. 85-87.È Piccarda che parla e tranquillizza Dante per la condizione sua e dei beati che stanno nei cieli più bassi del Paradiso: la loro felicità è completa, proprio perché essa consiste nell’adeguarsi alla volontà di Dio.“Sorella benedetta, santa madre, spirito della fonte, spirito del giardinoNon permettere che ci si irrida con la falsitàInsegnaci a aver cura e a non curareInsegnaci a starcene quietiAnche fra queste rocce,E ‘n la Sua voluntade è nostra paceE anche fra queste rocceSorella, madreE spirito del fiume, spirito del mare,Non sopportare che io sia separatoE a te giunga il mio grido “, ribadisce Eliot in Ash Wednesday,Mercoledì delle ceneri, titolo, questo, che allude ad una ricorrenza particolarmente significativa del calendario cristiano: l’inizio della Quaresima. Com’è noto nel 1927 Eliot si era convertito alla Chiesa d’Inghilterra e la conquistata spiritualità svolge un ruolo importante nel passaggio dal mondo desolato e guasto di The Waste Land al Paradiso dei Four Quartets, attraverso il Purgatorio di Ash Wednesday.Dante è ancora con lui, non solo nella ripresa di versi e immagini, ma nella tensione spirituale che accompagna questo percorso che, attraversando la sterilità e la degradazione della realtà contemporanea, si solleva da essa, cerca di liberarsi dalla prigione della materia per innalzare in alto lo spirito, per testimoniare che fra le tenebre si sta facendo spazio la luce del giorno.Riappropriandosi della speranza, Eliot farà anche propria la coscienza critica che era di Dante e ribadirà che il poeta, autor e actor insieme, ha il preciso dovere di mostrare agli altri uomini il cammino da percorrere:“…e tutto sarà bene e ogni genere di cosesarà bene, quando le lingue di fuoco si incurvinonel nodo di fuoco incoronatoe il fuoco e la rosa siano uno”. 

Calendario degli incontri dedicati a Dante:In data da definire:

Agnès Cousin de Ravel (francesista), Le traduzioni francesi della Commedia (titolo provvisorio)Raffaele Riccio, Le traduzioni spagnole della Commedia (titolo provvisorio)Giorgio Antonelli (psicoanalista junghiano), L’invenzione del sogno (titolo provvisorio)


 

                                    


Antonella Cosentino

Eliot e Dante: due poeti all’Inferno

Sabato 10 aprile 2021 - ore 17

voci recitanti Filippo Lanzi Gabriela Lippolis

su Zoom partecipa
oppure accedi usando il link:
https://us02web.zoom.us/j/83560077520?pwd=aHU2YitRVmU4S3hZMStFUmt0NDdjUT09
ID riunione: 835 6007 7520
Passcode: 930822


“Il mio debito verso Dante è di tipo progressivamente cumulativo”, dirà Eliot in un saggio del 1950 dal titolo significativo: Cosa significa Dante per me e aggiungerà: “… dopo quarant’anni considero ancora la sua poesia come quella che ha avuto un’influenza più duratura e più profonda sui miei versi”. Un’influenza che non si limita alla ripresa più o meno insistita di versi o situazioni dantesche, che pure c’è e connota fortemente i versi di Eliot, ma si allarga fino a diventare una sorta di ri-conoscimento di ciò che si è anche grazie al confronto con un modello, non solo di poesia ma di vita.Che le somiglianze fra Eliot e Dante rappresentino una vera e propria “affinità elettiva” è stato segnalato da molti: simile la posizione politica (entrambi sono conservatori), simile la volontà di esprimere apertamente il proprio credo religioso e la propria appartenenza ad una Chiesa, simile il metodo poetico giocato su un’immagine che diventa sempre di più catalizzatrice di emozioni e stati d’animo, simile l’intento di “far affiorare la poesia dalle risorse inesplorate del non poetico”. Insomma un percorso che ha spinto diversi a voler rintracciare anche nell’opera di Eliot un cammino che parte dall’Inferno (The Waste Land), attraverso il Purgatorio (Ash Wednesday) fino al Paradiso (Four Quartets).Cominciamo dall’Inferno, dunque, di Dante e di Eliot per percorrere, in una sorta di mise en abyme, il cammino di degradazione e di perdita di sé dell’uomo moderno, immerso in un quotidiano senza speranza, in un mondo dominato dall’anarchia e dalla degenerazione di tutti i valori.

La barca di Dante, Eugène Delacroix, 1822, Musée du Louvre

Calendario degli incontri dedicati a Dante:

Sabato 20 marzo 2021, ore 17 Raffaele Riccio (storico), Il Purgatorio dantesco tra teologia e poeticaLetture curate da Filippo Lanzi e Gabriella Lippolis

Sabato 10 aprile 2021, ore 17 Antonella Cosentino (italianista) Eliot lettore di Dante (prima parte)Letture curate da Filippo Lanzi

Sabato 24 aprile 2021, ore 17 Antonella Cosentino, Eliot lettore di Dante (seconda parte)Letture curate da Filippo Lanzi

In data da definire: Agnès Cousin de Ravel (francesista), Le traduzioni francesi della Commedia (titolo provvisorio)Raffaele Riccio, Le traduzioni spagnole della Commedia (titolo provvisorio)Giorgio Antonelli (psicoanalista junghiano), L’invenzione del sogno (titolo provvisorio)


 

  

Raffaele Riccio

Il Purgatorio dantesco tra poesia e teologia

20 marzo 2021 ore 17.00

Letture curate da Filippo Lanzi e Gabriella Lippolis

su Zoom per partecipare scrivi a: Questo indirizzo email è protetto dagli spambots. E' necessario abilitare JavaScript per vederlo.

“Il Purgatorio supera in poesia il cielo e l’inferno, in quanto rappresenta un avvenire del quale entrambi sono privi.” Questa frase di Chateaubriand, posta da J. Le Goff come incipit a La nascita del Purgatorio, sintetizza alcuni punti di arrivo dell’arte e della visione religiosa del XIII – XIV sec. e, in genere, delle epoche successive. A partire dal XIII sec. si diffuse in Europa la visione “confortante e salvifica” di un luogo intermedio dove l’uomo, realtà spirituale mediana tra demone e santo, avrebbe potuto espiare le proprie colpe e aspirare alla salvezza. Si trattava di un cambiamento importante, perché fino a quel momento nell’immaginario occidentale esistevano solo due luoghi antagonisti, Inferno e Paradiso. Questo cambiamento avviene nell’ambito delle realtà cittadine, sedi delle Università, dei collegi notarili, delle Gilde dei mercanti e dei traffici economici e “culturali” che caratterizzarono l’Europa del XIII- XIV sec., e si accompagna all’emergere di una nuova fascia sociale, quella borghese, intermedia tra ricchi e poveri. Fino alla peste del 1348.La seconda cantica della Commedia rappresenta la “conclusione sublime” di questo lento processo e Dante, poeta e uomo di pensiero, sa rappresentare con piena e suprema consapevolezza poetica i concetti cardine dell’elaborazione teologica che sottende la credenza nella realtà del Purgatorio. Lasciando esprimere questa concezione a personaggi noti, la cui fama era ancora presente tra i contemporanei, egli garantiva un effetto di veridicità poetica, storica e religiosa che certamente contribuì ad ancorare nell’immaginario collettivo l’esistenza di questo terzo luogo.Accompagnati dai meravigliosi versi del Purgatorio cercheremo di comprendere l’origine e il significato di un mondo la cui creaziione ebbe conseguenze politiche, sociali e spirituali di grande portata.


       

 
“La Fine del Mondo”

di Ernesto De Martino

Incontro con Giordana Charuty


Sabato 9 novembre 2019, ore 17
Libreria Einaudi, Via Mascarella 11/A – Bologna
Ingresso libero. Posti a disposizione limitati

Esce per Einaudi la nuova e definitiva edizione de La fine del mondo di Ernesto De Martino, libro da annoverare ormai tra i grandi classici del pensiero europeo del Novecento. Com’è noto, la storia di questo libro è lunga e tormentata. De Martino, dopo le ricerche sul campo degli anni Cinquanta, si dedicò allo studio delle rappresentazioni culturali dell’apocalisse. Declinò la figura della “fine del mondo” in chiave storicoculturale, quale si manifesta in vari modi nel cammino dell’Occidente, e in chiave esistenziale, come esperienza soggettiva di crollo e perdita di sé. L’analisi toccava la storia
delle religioni, la letteratura moderna della crisi (in particolare Sartre e Camus), la filosofia, le culture extra-europee, la psicopatologia. La ricerca si interruppe prematuramente e definitivamente nel 1965 con la morte di De Martino. Furono necessari dodici anni perché l’enorme mole di materiale rimasta incompiuta trovasse forma e collocazione in un libro uscito per Einaudi nel 1977 e curato da Clara Gallini, successivamente ripubblicato nel 2002 con una nuova introduzione.
Nel 2016, dopo un lungo lavoro editoriale e seminariale, esce la traduzione francese dell’opera, a cura di Giordana Charuty, Daniel Fabre e Marcello Massenzio. Non si tratta soltanto di una traduzione, ma di una vera e propria nuova edizione, basata su una scelta dei materiali pubblicati nell’edizione einaudiana e sul confronto con quelli conservati nell’Archivio De Martino. E’ questa edizione francese che ora Einaudi riproduce e rende disponibile per il lettore italiano. Rispetto al libro del 1977, questo presenta importanti novità: una diversa selezione del materiale e una diversa architettura - coerenti col progetto originario di De Martino – lasciano emergere in modo più chiaro i nuclei tematici e teorici del pensiero demartiniano, le domande che lo assillano e le vie attraverso cui l’analisi della “presenza”, nella sua dinamica di crisi e riscatto, lascia i “relitti folklorici” del Mezzogiorno d’Italia per affrontare i modi in cui si declina la crisi del mondo occidentale contemporaneo.
L’incontro con Giordana Charuty, figura di grandissimo rilievo tra gli studiosi dell’opera demartiniana, curatrice di questa nuova edizione e autrice di una recente fondamentale biografia (trad. it. Ernesto De Martino. Le precedenti vite di un antropologo, Franco Angeli) ci permetterà di entrare in questo straordinario laboratorio concettuale, vera opera aperta la cui fecondità si misura dalle domande e dalle riflessioni che, oggi più che mai, continua a suscitare.

L’incontro si inserisce nella cornice del Seminario Permanente sull’(In)attualità del pensiero critico, organizzato dall’associazione psicoanalitica e culturale officinaMentis (www.officinamentis.it) col sostegno del CostArena. Il Seminario si dedica da quasi due anni allo studio e all’approfondimento dell’opera di De Martino (http://www.officinamentis.it/officinamentis/wp-content/uploads/2019/09/Scheda-generale- Seminario-Ernesto-de-Martino-e-programma-2019-2020.pdf).



 


LA MUSA INQUIETA

Lucrezio o la trasfigurazione poetica della filosofia

Antonella Cosentino, Raffaele Riccio
Voce recitante Filippo Lanzi

Sabato 26 ottobre 2019, ore 17

Libreria Einaudi, Via Mascarella 11/A - Bologna

Ingresso libero. Posti a disposizione limitati

Se non avesse conosciuto l'Epicureismo forse Lucrezio non avrebbe scritto niente e di lui non sarebbe sopravvissuto nemmeno il nome; d'altro canto, se Lucrezio non avesse provveduto a divulgare entusiasticamente il pensiero del suo maestro, forse la filosofia di Epicuro non avrebbe conquistato la latinità. Lucrezio fa da ponte fra la Grecia e Roma e lo fa utilizzando uno strumento, la poesia, trattato con violenta ostilità da Epicuro stesso che lo considerava suscitatore di passioni insane, atte a turbare l'equilibrio dell'uomo, unico garante della sua “felicità”. Lucrezio lo sa, ma sa anche che è la poesia, la Musa inquieta, il dolce miele che permetterà all'uomo di ingurgitare l'amara ma salutare medicina dell'Epicureismo. Così, “la grazia delle Muse” si pone al servizio del pensiero epicureo per liberare l'uomo dalle paure e dalle superstizioni e consentirgli di raggiungere la felicità.
Prosegue con questo secondo incontro il nostro percorso di riflessione dedicato al rapporto tra poesia e filosofia. Una lunga tradizione filosofica se ne occupa: da Platone a Heidegger, da Hölderlin a Maria Zambrano, da Leopardi a Hegel e molti altri.
Abbiamo già visto nel corso del primo incontro quanto il gesto di Platone sia stato, pur tra molte ambiguità, di netta separazione: poeti e pensatori nulla hanno in comune, non nella poesia ma nella filosofia l’uomo trova verità e solido fondamento all’educazione dell’anima. In Lucrezio la rivalità tra l’una e l’altra si risolve molto diversamente: la filosofia imbocca la via della poesia e la percorre fino in fondo.
Al fondo del nostro interrogarci giace un problema cruciale, che è di natura squisitamente filosofica: possiamo sostenere che la poesia sia necessaria? E addirittura che sia una necessità permanente e sostanziale dell’esperienza umana, e non transitoria e trapassante? E che cosa ci rivelerebbe di essenziale? Che cosa può dire la parola poetica
intorno all’uomo? Quale la sua utilità e la sua funzione nella conoscenza? Si conosce attraverso il dolore, come volle la grande sapienza tragica, o attraverso il concetto e le categorie come vuole la grande filosofia occidentale? Senza affrettarci a trovare risposte, proseguiamo il cammino…


Antonella Cosentino insegna Italiano e Latino nel liceo Giordano Bruno di Budrio (Bologna). Appassionata di teatro, cura da molti anni le attività teatrali della sua scuola e scrive commedie e monologhi, rappresentati in vari teatri del territorio. Nel 2013 ha pubblicato il suo primo romanzo, Dalla mia finestra si vedeva il mare; il suo secondo romanzo, Come un ramo sull’acqua, è stato il vincitore del premio Todaro-Faranda nel 2016.

Raffaele Riccio insegna Storia e Filosofia nei licei bolognesi e si è occupato di Storia della cultura e della mentalità del Seicento italiano ed europeo. Collabora alla programmazione delle attività di varie associazioni culturali cittadine. Ha pubblicato diversi saggi e articoli di argomento estetico-filosofico Tra gli ultimi lavori: Attraverso il Cilento, il viaggio di C. T. Ramage, da Paestum a Policastro (2013), Armando Diaz, Il generale e l'uomo (2018),
Galeazzo Sabatini (1593 - 1662) musicista e uomo di corte (2018, in collaborazione con la storica della musica Maria Chiara Mazzi)     


   

A COSA SERVONO I POETI?

Filippo Strumia psicoanalista e poeta, in dialogo con Angela Peduto

presenta l’Autore Cristiana De Santis 

 

Sabato 6 ottobre 2018, ore 17

Libreria Einaudi, Via Mascarella 11/A Bologna

Voce recitante Filippo Lanzi

Ingresso libero. Posti a disposizione limitati

C’è forse, in ogni poeta, un archeologo che scava per portare alla luce frammenti di un linguaggio perduto. E forse in ogni poeta giace un dissidente che, solitario, si oppone al brusio del mondo.Il linguaggio è per il poeta materia viva, avida di venire al mondo e di trovare un’espressione sensibile. Egli sa, tuttavia, che deve immergere la sua parola nelle regioni del silenzio perché solo da queste oscure sorgenti nasce la poesia. Sul vuoto della parola che manca, che sempre manca, il poeta sta sospeso … come l’acrobata sul filo.


             


Nikos Kazantzakis,il cretese errante 

Gilda Tentorio 

Sabato 12 maggio 2018, ore 17

Libreria Einaudi, Via Mascarella 11/A Bologna

Voce recitante Alfonso De Filippis

Ingresso libero. Posti a disposizione limitati

« Non spero nulla. Non temo nulla. Sono libero. »Nikos Kazantzakis, uno dei massimi scrittori del Novecento, più volte candidato al Premio Nobel, nasce ad Iràklion (Creta) nel 1883. Anticonformista, grande intellettuale, instancabile viaggiatore, in lui l’avventura umana e quella letteraria si intrecciano costantemente. La sua opera è un canto appassionato alla libertà e un percorso inquieto e insaziabile di ricerca, dove non teme di sperimentare i più diversi generi letterari: romanzi, saggi, opere teatrali e poetiche, traduzioni.Durante la seconda guerra mondiale, negli anni terribili dell’occupazione nazifascista, costruisce la sua creatura più luminosa, Alexis Zorbàs, protagonista del romanzo omonimo (1946, Zorba il Greco, ed. Crocetti, 2010): indimenticabile l’interpretazione di Anthony Quinn nei panni di Zorba, nella versione cinematografica del regista Cacoyannis, con musiche di Theodorakis (https://www.youtube.com/watch?v=4UV6HVMRmdk).Altre opere famose: l’Ascetica, prosa di contenuto filosofico e metafisico che ha la fluidità e l’eleganza di un’opera letteraria, Il poverello di Dio, romanzo dedicato alla figura di San Francesco (Francesco, ed. Crocetti, 2013), Capitan Michele, Cristo di nuovo in croce e L’ultima tentazione, romanzi che crearono scandalo presso il clero, l’autobiografico Rapporto al Greco pubblicato postumo. Numerose le opere teatrali e costante l’impegno nella traduzione: Nietzsche, Bergson, il Faust di Goethe, la poesia spagnola, il Principe di Machiavelli, la Divina Commedia.Il suo capolavoro poetico è l’Odissea, ideale seguito del poema omerico in 33.333 versi: Nicola Crocetti è impegnato nell’impresa colossale della traduzione (pubblicazione prevista nel 2019).« L’Odissea di Kazantzakis - ha scritto Nicola Crocetti - è un epos grandioso, un unicum assoluto nel Novecento. Il poeta si è immerso nel fluido del Mito, proseguendone l’incanto e il dilemma. Il suo Ulisse è inquietante e potente, omerico e insieme diverso da quello dell’aedo cieco, ma con coerenza, e con la stessa forza dell’originale. Come gli uomini plasmano i propri dei, così Kazantzakis plasma il suo Odisseo a propria immagine e somiglianza, gli affida tutti i propri desideri e il compito di portarli a compimento. Primo fra tutti quello di dimostrare che l’uomo e la sua sete di conoscenza trascendono la propria finitezza, sono perenni » (cfr. « L’Odissea di un traduttore », Sole 24 ore del 18/02/2018).Kazantzakis viaggiò moltissimo e fu acuto osservatore dell’altro, come testimoniano le pagine modernissime dei suoi diari: Parigi, Berlino, Unione Sovietica, Spagna, Inghilterra e Italia (dove incontrò e intervistò Mussolini), Cipro, Egitto, Monte Sinai, Cina e Giappone… Si spense a Friburgo (Germania) nel 1957. La sua tomba è sulle mura di Iràklion (fortezza Martinengo) e l’epitaffio, da lui dettato, recita: « Non spero nulla. Non temo nulla. Sono libero ».

L’attore Alfonso De Filippis leggerà nel corso dell’incontro brani inediti tratti dai diari di viaggio (traduzione di Gilda Tentorio) e dall’Odissea (traduzione di Nicola Crocetti). 

 

Gilda Tentorio insegna lingua e letteratura greca moderna all’Università di Pavia. È vicepresidente dalla Società Filellenica Lombarda e responsabile della sezione italiana della SIANK (Società Internazionale Amici di Nikos Kazantzakis). Viaggio, identità, eredità dell’antico, postmoderno e teatro, sono i suoi campi di ricerca. Ha pubblicato la monografia Binari, ruote & ali in Grecia. Immagini letterarie e veicoli di senso, UniversItalia, Roma, 2015. Nel 2018 è prevista la pubblicazione presso l’editore Crocetti di L’ultima tentazione di Nikos Kazantzakis, traduzione dall’originale greco.

Alfonso De Filippis, è attore e regista. Ha collaborato con Paolo Poli per vent’anni come aiuto regista e coreografo. Attualmente cura allestimento regia e movimento scenico nell’ambito del teatro d’opera in Italia e all’estero. La poesia, dove il sentire interiore diviene condivisione, rimane una delle sue espressioni predilette, avventura e rifugio. 

L’evento ha ricevuto il patrocinio del Consolato di Grecia a Bologna e della Società Internazionale Amici di Nikos Kazantzakis.

La Società Internazionale Amici di Nikos Kazantzakis (SIANK) celebra nel 2018 trent’anni di attività, con più di ottomila membri, sparsi in ben 129 Paesi del mondo. È una società senza scopo di lucro. Finalità: diffonde le opere e le idee dello scrittore attraverso canali culturali (libri, convegni) e mezzi di comunicazione; raccoglie notizie e scritti relativi ai suoi viaggi; promuove il Museo “Nikos Kazantzakis” a Myrtià (Creta). Pubblicazioni: bollettino informativo “Synthesis” relativo alle iniziative culturali; rivista scientifica “Le regard crétois”, con saggi in lingua greca-francese-inglese-spagnola di ricercatori ed esperti.

Per adesioni, inviare email a: Questo indirizzo email è protetto dagli spambots. E' necessario abilitare JavaScript per vederlo. .


 

OMAGGIO ALLA POESIA


René Char : Furore e Mistero


Angela Peduto

Sabato 24 marzo 2018, ore 17

Libreria Einaudi, Via Mascarella 11/A Bologna

Voce recitante Filippo Lanzi

Ingresso libero. Posti a disposizione limitati


Biancospino in fiore, mioprimo alfabeto. (da L’età squassante, 1965) Ci sono incontri necessari: così è per la poesia di René Char, “questa grande voce – dice Albert Camus nel 1948 – [che come] un fiume dalle larghe alluvioni annuncia il tempo della fertilità”.L’incontro che dedichiamo a René Char è un doppio omaggio: a una poesia che ha illuminato il Novecento - scintilla d’umanità contro la barbarie; a un uomo che ha fatto della Resistenza, durante e oltre gli avvenimenti storici, la sostanza etica della vita e del linguaggio poetico, in lui indissolubilmente intrecciati.Dopo aver avuto legami con il movimento surrealista, René Char, nel corso degli anni Trenta, mentre il fascismo avanzava ovunque, maturò l’idea di una responsabilità del poeta e della poesia. Ciò che gli interessava era orientare la poesia verso un’etica: essa non deve chiudersi in se stessa, né abbandonarsi alle sirene del lirismo o alle seduzioni del linguaggio: “La poesia vive d’insonnia perpetua”.Quando scoppiò la guerra, René Char scelse l’azione: il poeta si eclissò e lasciò il posto al capitano Alexandre, lo pseudonimo con cui entrò e combatté nel maquis. In quel tempo di lotta tenne un diario. Diario di guerra, agenda, libro di bordo, sopravvivenza dell’anima: sono pagine terribili e intense che Albert Camus pubblicherà nella collana l’Espoir (Gallimard) nel 1945, dopo la guerra, con il titolo di Feuillets d’Hypnos. Proprio l’attesissima riedizione per Einaudi di questo volumetto, esaurito da anni e tradotto da Vittorio Sereni, dà oggi occasione al lettore italiano di (ri)scoprire una delle più alte voci poetiche del Novecento.La Resistenza fu per René Char esperienza tragica, che lo segnò profondamente ma anche lo rivelò a se stesso: perché l’essenza della sua poesia sta in un principio di perenne rivolta. La poesia è potenza d’insurrezione, fuoco che brucia il ghiaccio dell’inverno, urto che scuote e risveglia dal sonno. Costantemente Char interroga la poesia guardando, di là da essa, alla sorte dell’uomo: è questa la sua sola preoccupazione. Il poeta chiama, intima, suscita il coinvolgimento nella vita e nell’azione. La sua missione si confonde perciò con quella del resistente: guardando in faccia il nulla e attraversando le tenebre, egli impone con il suo esempio l’idea di un uomo che non subisce l’assurdità del destino senza opporvisi, che non parte senza restare legato e che nell’alleanza con l’altro trova la più sicura opposizione all’insicurezza della sua condizione.

( su René Char http://rai.it/dl/portaleRadio/media/ContentItem-76a53d6d-4f58-4053-8551-3120f5eade84.html )

Angela Peduto è psicoanalista, traduttrice, saggista. Ha recentemente curato Il sogno, crocevia di mondi (con G. Antonelli) e partecipato a Venise et le rêve e Pascal Quignard. Translations et métamorphoses.  


OMAGGIO ALLA POESIA 

Libreria Einaudi, Via Mascarella 11/A Bologna

11 novembre 2017, 27 gennaio 2018, 24 marzo 2018

 C’è forse in ogni psicoanalista un poeta che sonnecchia e in ogni poeta un analista che ascolta. Entrambi risvegliano una parola perduta, un’intimità segreta che si oppone al brusio del mondo. Questa parola è per il poeta materia viva, avida di venire al mondo e di trovare un’espressione sensibile. Archeologi entrambi, non hanno che la parola per traversare la singolarità di un destino e sfiorare le corde dell’anima.Tre incontri, tre voci poetiche altissime: Chandra Livia Candiani, Paul Celan, René Char. Ciascuna sarà come un “messaggio nella bottiglia, gettato a mare nella convinzione che possa, un qualche giorno e da qualche parte, essere sospinto verso una spiaggia”. (Paul Celan). 

Come venne a me la scrittura?
Come piumaggio d’uccello
sul vetro della mia finestra,
d’inverno.
Immediatamente,
si accese nel camino
una battaglia di braci
che, ancora oggi, non si sono
spente.
(René Char, 1955)

Il sonno è nostro Ordinario stato Finché non arriva Un vento di parole una Poesia ,un pastore d’istanti con arcaica sapienza della cattura. (Chandra Livia Candiani, 2017)

 Non scriverti Tra i mondi, al margine della traccia di lacrime impara a vivere. (Paul Celan, 1966)  

Conversazione con Chandra Livia Candiani

Fatti vivo


Sabato 11 Novembre 2017, ore 17

Libreria Einaudi, Via Mascarella 11/A Bologna 

Chandra Livia Candiani è una delle voci più autentiche e profonde della poesia italiana contemporanea. La sua poesia unisce un’intensità imperiosa e senza compromessi ad una miracolosa leggerezza. Accoglie, intrecciando luce e tenebre, l’apertura indomita verso il futuro e il frastuono violento della vita. Si china, con pazienza amorosa da ape operaia, sui dettagli del mondo e li canta … oggetti, animali, elementi della natura, pioggia, vento…. perché la poesia, mentre ci porta “brandelli di mondo”, possa svegliarci a noi stessi e all’altro.“La poesia per me è uno stato, come è uno stato la preghiera, l’innamoramento, la veglia e il sonno, uno stato di coscienza dove il pensiero discorsivo e descrittivo non la fanno più da padroni, dove sono spiazzati o fanno tappezzeria. […] Non so se sono figure dell’assenza, forse, ma come un sentiero è fatto di quel che non c’è, un sentiero è un’assenza, è uno spazio da cui un progetto - o la semplice consuetudine a passare - ha tolto rovi, piante, ha calpestato l’erba, ha segnato una pista sulla terra … un sentiero si fa togliendo. La mia poesia è spesso onirica e visionaria perché è così che vivo, è la capacità di sognare la realtà che mi ha salvato la vita“. 

 


 

Barnaba Maj

Il rapporto tra parola e immagine nella poesia di Paul Celan

Sabato 27 gennaio 2018, ore 17

Libreria Einaudi, Via Mascarella 11/A Bologna 

Paul Celan nacque in Romania nel 1920, da genitori ebrei di lingua tedesca che morirono in un campo di concentramento durante la Seconda Guerra mondiale. Egli stesso fu prigioniero in un campo di lavoro in Moldavia. Nel 1947 emigrò a Parigi, dove lavorò come traduttore e continuò a scrivere poesie nella sua lingua madre. Nel 1970, a cinquant’anni, si suicidò buttandosi nella Senna.Celan rispose con i suoi versi alla nota affermazione di Adorno che “dopo Auschwitz, nessuna poesia, nessuna forma d'arte, nessuna affermazione creatrice è più possibile”. Celan parlò e cantò per la memoria del mondo, spingendo il linguaggio verso il punto più crudele e insieme più intimo, riaffermando sul male e sul silenzio il potere del poeta.In occasione del conferimento del premio letterario Città di Brema (1958), nel discorso di ringraziamento, Celan disse:“Raggiungibile, vicina e non perduta in mezzo a tante perdite, una cosa sola: la lingua. La lingua, essa sì, nonostante tutto, rimase acquisita. Ma ora dovette passare attraverso tutte le risposte mancate, passare attraverso un ammutolire orrendo, passare attraverso le mille e mille tenebre di un discorso gravido di morte. Essa passò e non prestò parola a quanto accadeva; ma attraverso quegli eventi essa passò. Passò e le fu dato di riuscire alla luce, 'arricchita' da tutto questo. Con questa lingua, in quegli anni che seguirono, io ho tentato di scrivere poesie: per parlare, per orientarmi, per accertare dove mi trovavo e dove stavo andando, per darmi una prospettiva di realtà”. 

 



Angela Peduto

Furore e mistero nella poesia di René Char

Sabato 24 marzo 2018, ore 17

Libreria Einaudi, Via Mascarella 11/A Bologna 

Di René Char Einaudi ha recentemente ripubblicato i Feuillets d’Hypnos, da molti anni introvabili, testimonianza folgorante dell’esperienza di resistenza francese, cui il giovane poeta partecipò attivamente con il nome di comandante Alexandre.Per René Char la poesia è atto di rivoluzione, gesto etico cui egli si consegna totalmente, appassionatamente.Scrive Vittorio Sereni, traduttore della raccolta: “Perché ho tradotto, o cercato di tradurre nonostante i rischi, René Char? […] Sapessi rispondere, saprei definire la poesia di Char. Fra tutte le “poesie” da me lette e amate in questi ultimi anni, è la più lontana dall’“idea di poesia” che ciascuno di noi (per tradizione, per educazione, per abitudine) possiede, e insieme la più stretta al cuore della poesia stessa, dove la letteratura o la poesia-che-si-sapeva-già non porgono più alcun soccorso al lettore, e questi, coinvolto da capo a piedi in quei bouts d’existence incorruptibles che sono i poèmes, rimane perfettamente solo a sentirsi investito d’un potere – d’interiore libertà, d’uno slancio vitale e d’un coraggio morale – che per un istante egli crede di ricevere femminilmente dall’esterno, mentre poi s’accorge che tale ricchezza era già in lui, sonnecchiante ma presente, come se il poeta altro non avesse fatto che risvegliarla, non inventando ma scoprendo; e quindi suscitando un moto, più che d’ammirazione, di gratitudine.”


                                                                                   

LA LINEA D’OMBRA DELL’ADOLESCENZA

sabato 14 ottobre 2017 alle ore 17:00
Libreria Einaudi Via Mascarella 11/A Bologna

Giorgio Scianna dialoga con Raffaele Riccio

a partire dal suo libro

La regola dei pesci

Introduce Angela Peduto, psicoanalista

Ingresso libero (posti a disposizione limitati)

« Che fine hanno fatto gli unici quattro maschi della quinta C? Perché quei banchi vuoti? Dopo la vacanza in Grecia nessuno sa più niente di loro: disattivati i cellulari, nemmeno un post su Facebook. Come un piccolo gruppo di pesci, hanno cambiato rotta all'improvviso, muovendosi verso le acque più profonde. E quando i ragazzi si rifiutano di rispondere, allora è tempo che gli adulti comincino a farsi qualche domanda.»Sono domande inquietanti ma necessarie, quelle sollevate dal libro di Giorgio Scianna La regola dei pesci. La linea d’ombra dei quattro ragazzi è certamente quella dell’adolescenza, quella zona di smarrimento, d’insicurezza, di impaurita spavalderia che occorre superare per farsi un po’ più grandi. Ma la loro rotta non può che spaventarci: è il nuovo mito del jihad - con la promessa di un mondo ideale e di una fratellanza senza competitività - che li cattura attraverso le immagini di propaganda diffuse in rete. Questi ragazzi sono sintomo di un occidente malato, che ha « perso l’anima » e che oggi, anziché nutrire i sogni e le speranze dei suoi figli, insidiosamente scava dentro e intorno a loro, il vuoto.



Angela Peduto e Raffaele Riccio

Da Socrate a Foucault

variazioni filosofico-letterarie sul tema della follia

Sabato 8 aprile 2017ore 17
Libreria Einaudi Via Mascarella 11/A Bologna tel. 051-222947

Partecipano gli attori Giulia Fratini ed Elia Tapognani

ingresso libero (posti a disposizione limitati)

 

« Dove c’è opera non c’è follia – scrive Michel Foucault - e tuttavia la follia è contemporanea dell’opera, poiché inaugura il tempo della sua verità ». Della follia la cultura occidentale ha perso le tracce. Addomesticata nella forma di «malattia mentale», poco resta di questa esperienza che « apre un vuoto, un tempo di silenzio, una domanda senza risposta ».Ci affideremo ad una figura femminile affascinante e misteriosa per sporgerci su questa dimensione sfuggente dell’essere. Il suo nome è Ninfa, le sue reincarnazioni numerose. Ci lasceremo attrarre da alcune di esse, fino a ritrovarla in un affresco del Ghirlandaio a Firenze e nelle visioni di Aby Warburg. Circa vent’anni separano lo sguardo del giovane studioso incantato davanti alla leggiadria di Ninfa in Santa Maria Novella dalle grida terrifiche dello stesso uomo rinchiuso nella clinica psichiatrica di Kreuzlingen. Nei lunghi anni di follia accade che Warburg parli alle farfalle e alle falene: ritrova forse nella loro natura aerea l’ondeggiare flessuoso di Ninfa? Ninfa è grazia e frenesia, è leggerezza e morte.Da Kreuzlingen volgeremo la rotta indietro, verso il tempo e il luogo dove tutto ebbe inizio. Sulle rive ombreggiate dell’Ilisso Socrate, nympholeptos – rapito dalle Ninfe - discorre col giovane Fedro d’amore e di follia …

Angela Peduto è psicoanalista, saggista, traduttrice, violoncellista dilettante.

Raffaele Riccio è storico. Specialista del Barocco, insegna storia e filosofia nei licei.


IO VICINO A UN FIORE FIORISCO

incontro con 

Chandra Livia Candiani

e le poesie dei bambini delle periferie multietniche di Milano

Venerdì 17 marzo 2017  ore 18   Ingresso libero

Centro Giorgio Costa, Via Azzo Gardino 48 Bologna

Chandra Livia Candiani, poetessa di rara sensibilità, capace di abitare le periferie dell'essere e di porsi in ascolto con la delicatezza che si deve alle cose fragili, ci racconterà l'esperienza poetica realizzata con i bambini, molti dei quali stranieri, incontrati nelle scuole della periferia milanese.Non parleremo di migranti o di bambini, ma ascolteremo la loro parola e per una volta, piuttosto che pensarli come vittime da aiutare, li penseremo come risorse, come guide e fonte di creatività. Uno spazio di parola, quella poetica, in cui può prendere forma ciò che ancora non sappiamo, che non è ancora nato, ciò che altrimenti rimarrebbe muto e inascoltato.


Chandra Livia Candiani è una delle voci più intensamente e autenticamente poetiche presenti nel paesaggio letterario italiano. Ha pubblicato le raccolte di poesie Io con vestito leggero (Campanotto 2005), Bevendo il tè con i morti (Viennepierre 2007, Interlinea 2015), La bambina pugile ovvero la precisione dell'amore (Einaudi 2014). È presente nell'antologia Nuovi poeti italiani curata da Giovanna Rosadini (Einaudi 2012). Dai laboratori di poesia con bambini delle periferie multietniche di Milano è nato il libro Ma dove sono le parole? (con A. Cirolla, Effigie 2015). L'incontro è realizzato in collaborazione tra le associazioni officinaMentis, Diversa/mente e Costarena. E’ inserito nella rassegna del CostArena “Marzo è donna”.



                                 

Herman Melville 

Moby-Dick


Sabato 4 febbraio 2017  ore 17  

ingresso libero (posti a disposizione limitati) 

Libreria Einaudi - Via Mascarella 11/A Bologna tel. 051-222947

Mariangela Pierantozzi, psicoanalista

Partecipa l’attrice Francesca Ballico

Herman Melville è un autore che meglio di altri si è accostato alla situazione dell’uomo moderno, cercando di sondare gli abissi del suo animo. Leggere Moby-Dick significa confrontarsi con la pervicacia del male che travolge l’umanità, con il peccato di orgoglio che si annida al centro del suo cuore. Vi è dipinta l’umana superbia di credersi depositari della verità assoluta, la violenza predatoria e devastatrice dell’uomo sulla natura, la ferita narcisistica che non sopporta fragilità e limiti, che si ammanta di inverosimile onnipotenza e di incredibile sicurezza. Libro biblico, profetico, religioso, pagano, mitico, avventuroso, enciclopedico, psicologico e psicopatologico, Moby-Dick è una delle opere che incarnano al meglio la definizione di Franco Moretti di “Opera Mondo”. Ora abbiamo un ulteriore motivo per rileggere questo capolavoro della letteratura americana: la nuova traduzione comparsa per Einaudi. Moby-Dick risplende, fantasma del Libro di Giobbe, attraverso un fraseggio limpido e poetico di cui è dolce assaporare il rotolio delle parole sulla lingua. (Mariangela Pierantozzi)

 



sabato 10 dicembre 2016 -  ore 17,00 

Via Mascarella 11/a


Elena Varvello
presenta il suo libro

La vita felice

interviene Andrea Tarabbia (scrittore)


«Desideriamo sempre che gli altri ci raccontino la verità: è un sogno. Per uno scrittore, soprattutto, la verità è quella che Flannery O’Connor chiamava verità narrativa, la verità dell’immaginazione, quella che puoi raggiungere soltanto nel racconto. Io credo di non sapere ma posso comunque immaginare. Per me è incomprensibile una richiesta di verità che non tenga conto dell’immaginazione.» Elena VarvelloUn libro fatto di padri che non ci sono, o che sono altrove, persi in una malattia e in un’ossessione, e di figli (maschi) che provano a crescere nonostante queste assenze. Questo è, almeno in parte, La vita felice: scritto, o meglio, raccontato da Elia il romanzo segue i fatti di un’estate cupa, enigmatica e allo stesso tempo catartica, il romanzo di Elena Varvello racconta la storia di Ettore, padre di famiglia in un borgo di provincia; perso il lavoro, Ettore entra in una spirale di paranoia, decadenza e (forse) violenza. Il figlio Elia prova a scovarne le tracce: ha sedici anni, un amore che nasce e una vita da vivere senza il padre o nonostante lui. Finché una notte, forse, Ettore commette una follia, perso nel mondo che si è costruito attorno per proteggersi. Ma come sono andate davvero le cose? Tutto è davvero perduto nel buco nero scavato da Ettore o forse si può ancora pensare di costruirsi la vita felice che il titolo promette? A trent’anni di distanza da quella notte e da quell’estate di dolore e di iniziazione, Elia racconta, e raccontando fa i conti con il passato, cercando di gettare una luce sulla mente di suo padre, sulla vita che è stata e su alcune domande che troppo a lungo hanno dormito nella sua coscienza. Scritta con il piglio del thriller, La vita felice è una grande storia di formazione che prova a separare il vero dal falso, il dolore dall’amore. E che, sorprendentemente, ha molto a che vedere con la vita dell’autrice. (A. Tarabbia)

Elena Varvello è nata a Torino nel 1971. Ha pubblicato le raccolte di poesie Perseveranza è salutare (Portofranco, 2002) e Atlanti (Canopo, 2004). Con i racconti L'economia delle cose (Fandango, 2007) ha vinto il Premio Settembrini, è stata selezionata dal Premio Strega e nel 2008 ha vinto il Premio Bagutta Opera prima. Nel 2011 ha pubblicato il suo primo romanzo, La luce perfetta del giorno (Fandango). Per Einaudi ha pubblicato La vita felice (2016). È docente presso la Scuola Holden di Torino.

 




martedì 29 novembre 2016 - ore 18,00

Via Mascarella 11/a


Tommaso Giagni

presenta il suo libro

Prima di perderti

interviene Marcello Fois


La resa dei conti tra un padre e un figlio, in un romanzo che ha i toni di una tragedia shakespeariana


Tommaso Giagni è nato a Roma, nel 1985. Ha partecipato a varie antologie, tra cui: Voi siete qui (minimum fax 2007), Il lavoro e i giorni (Ediesse 2008), Ogni maledetta domenica (minimum fax 2010). Per Einaudi ha pubblicato L'estraneo (2012) e Prima di perderti (2016). 

 



Giovedì 17 novembre 2016, alle ore 17

presso la sala conferenzedell'

Istituto per la Storia e le Memorie del '900 Parri ER in via Sant'Isaia 20 (ingresso Museo della Resistenza di Bologna)

verrà presentato il libro di Marco Magnani 

Sindona. Biografia degli anni Settanta
(Einaudi 2016)
Sarà presente l'autore.

Conduce: Cinzia Venturoli (Unibo)Interverranno:
Vera Negri Zamagni (Unibo)
Piero Ignazi (Unibo)

La parabola di Michele Sindona, nato nel 1920 in Sicilia e morto suicida nel 1986 nel carcere di Voghera, è un prisma con cui scomporre le componenti della storia italiana nella seconda metà del Novecento. Negli anni Sessanta diviene il fiduciario finanziario del Vaticano. Negli Stati Uniti è un affermato banchiere; in Italia è considerato il piú dinamico finanziere privato. È uno degli uomini senza pedigree che conquistano il successo in anni di straordinario cambiamento dell’Italia. Ha un’intelligenza svelta, la passione per l’azzardo, la spregiudicatezza morale che occorrono per puntare in alto. In pochi anni giuoca e perde la sua partita. Alla fine del 1974 le sue banche falliscono clamorosamente, in Italia e negli Stati Uniti. L’esemplarità della sua vicenda consiste nella capacità di sfruttare creativamente una struttura di potere in cui convivono strettamente forze finanziarie, istituzionali, eversive, criminali. È il mondo delle consorterie trasversali, della loggia massonica P2 e della mafia, in cui Sindona si immerge avendo come referente politico la DC. Questo intreccio di poteri costituisce la versione patologica, ma non effimera, di un modello di capitalismo relazionale il cui ruolo nella storia recente italiana è ormai indiscusso. Sindona fa uccidere da un sicario mafioso il commissario liquidatore Giorgio Ambrosoli, delitto per cui è condannato all’ergastolo. La sua sconfitta si deve soprattutto al coraggio dei pochi che tentarono di arginare lo scadimento dello spirito pubblico di cui il banchiere fu espressione emblematica.


 

    


Angela Peduto

Raffaele Riccio

ELOGIO DELLA DISSIDENZA

La vicenda di Port-Royal da Sainte-Beuve a Pascal Quignard


Libreria Einaudi Via Mascarella 11/A Bologna tel. 051-222947

Sabato 5 novembre 2016 ore 17.00 ingresso libero (posti a disposizione limitati)

Partecipa l’attore Leonardo Ventura

La Corte dei poveri a Port-Royal, Anonimo, Francia, sec XVIII

Port-Royal è il nome di un monastero cistercense femminile fondato nel 1204 nella malsana vallata della Chevreuse, pochi chilometri a sud-ovest di Parigi. Per quattro secoli il monastero portò avanti una vita sonnecchiante finché, nel 1609, la sua giovane badessa intraprese una straordinaria riforma che ne fece uno dei più importanti centri di spiritualità del secolo.Intorno alla comunità di monache, in rapida espansione, si raccolsero i “solitari”, uomini della società civile desiderosi di ritirarsi dal mondo. Senza legarsi con voti monastici, essi cercavano e trovavano a Port-Royal la solitudine, il silenzio, lo studio, la preghiera.A metà del Seicento il monastero era diventato una prestigiosa istituzione spirituale e culturale, ma anche educativa grazie all’istruzione che veniva data nelle Piccole Scuole.A partire dal 1660 la vita del monastero e dei “solitari” fu oggetto di oltraggi prima, di una vera e propria persecuzione poi, da parte della Chiesa per ragioni teologiche e della monarchia per ragioni politiche. Le monache, colte, ribelli e decise a difendere il diritto delle coscienze perché “si obbedisce a Dio prima che agli uomini”, furono deportate, imprigionate, costrette a morire senza estrema unzione. Le scuole furono chiuse e i solitari dispersi. Tra il 1710 e il 1713 l’abbazia di Port-Royal fu completamente rasa al suolo su decreto del Re Sole con l’approvazione del papa. Ma la distruzione lavorò alla produzione di memoria: le tracce che Port-Royal ha lasciato nella cultura europea sono durature e profonde.Oggi lo smarrimento dei nostri tempi trova in Port-Royal un simbolo di resistenza: la resistenza di uomini che hanno scelto la via della propria indipendenza spirituale e della propria responsabilità personale, la resistenza di donne che, in nome della propria autonomia di giudizio, hanno osato contestare i grandi poteri - Luigi XIV, il papato, i gesuiti - e ribellarsi all’obbedienza cieca e irriflessiva cui erano state destinate. “Solitari” erano chiamati uomini della società civile, aristocratici o ricchi borghesi, che sceglievano i costumi del convento (le sue astinenze, i suoi silenzi, le austerità, le veglie, i compiti, le letture) ma rifiutavano di legarsi con i voti. Erano consiglieri di Stato, medici, avvocati, professori, ufficiali, gran signori. Lasciavano la corte per fare venti chilometri e ritrovarsi in un bosco. Potarono. Risanarono i piccoli acquitrini perennemente intrisi d'acqua che costeggiavano la riva e poco a poco erodevano le fondazioni della cappella. Edificarono le loro casupole dall’altra parte del muro, ai bordi del monastero dove si erano ritirate donne che ammiravano, fanciulle la cui reclusione provocava il loro rimpianto, sorelle che amavano. […] Non si lasciavano guidare da alcuna regola esteriore, non obbedivano a nessuno, gelosi soltanto del loro ritiro dal mondo, grandi amministratori del loro ritiro selvaggio - grandi economi, grandi bonificatori di paludi, grandi giardinieri del silenzio. Studiavano. Non davano del tu a nessuno. Non davano del tu a Dio, né ai fanciulli né ai poveri né alle bestie. […]Nel 1678 gli ultimi solitari furono costretti a lasciare la fattoria delle “Granges”, sotto la minaccia del carcere o del rogo. Nel 1711 Port-Royal fu rasa al suolo con l’ordine di Luigi XIV che “non ne restasse pietra su pietra”. Poi, alla fine dell’autunno, quando il freddo era pungente, la terra coperta di neve, le tombe furono aperte. I cani affamati, i corvi, le cornacchie, i topi dei campi divorarono la carne rimasta sulle ossa dei santi che erano morti. Divorarono Racine. Divorarono Hamon che era stato il suo maestro. Le ossa nude furono trasportate con una carretta in una fossa comune al cimitero della vicina parrocchia di Saint Lambert, dove registrammo, per un’intera notte, duecentocinquant’anni più tardi, con Montse e Jordi, la musica sulla quale avevo concepito un piccolo libro. (Pascal Quignard, da Sull’idea di una comunità di solitari, Analogon 2016)

 


 

Libreria Einaudi, via Mascarella 11/a – Bologna
28 maggio 2016, ore 17.00

Presentazione del libro

«La verità delle cose»

Margherita Luisa d’Orléans: donna e sovrana d’ancien régime

di Vincenzo Lagioia (Università di Bologna)ne discutono con l’autore

Cesarina Casanova (Università di Bologna)

Maria Pia Paoli (Scuola Normale Superiore)

Carlo Baja Guarienti (Università di Ferrara)moderaFrancesca Roversi Monaco (Università di Bologna)


 


Angela Peduto, Raffaele Riccio
Da Socrate a Foucault : divagazioni filosofico-letterarie intorno al tema della follia


Libreria Einaudi Via Mascarella 11/A Bologna tel. 051-222947

Sabato 23 aprile 2016 ore 17 ingresso libero (posti a disposizione limitati)

Partecipano gli attori Giulia Fratini e Leonardo Ventura scarica la locandina

 



  

Mario Colucci

QUALE PSICHIATRIA DOPO FOUCAULT?

Conferenza-dibattito Sabato 9 aprile 2016 | ore 9.30 |

Ingresso liberoISTITUTO STORICO PARRI | Via Sant’Isaia 20, Bologna | Tel. 051 3397211


 Nel gennaio 2015 l'associazione officinaMentis ha aperto un Seminario Permanente sull'(In)attualità del pensiero critico. Michel Foucault è stato il primo intellettuale ad essere riletto e discusso. Gli incontri a lui dedicati, in particolare la riflessione su Malattia mentale e psicologia e sulla Storia della follia trovano un ideale compimento nella conferenza di Mario Colucci.Quale psichiatria dopo Foucault?È ingenuo accusare Michel Foucault di “psichiatricidio”, come fece nel 1969 Henry Ey; bisogna semmai riconoscergli di aver mostrato alla psichiatria quanto sia vana l’illusione di possedere una verità assoluta. Tale pretesa è alla radice stessa del potere psichiatrico, in quel ruolo che il medico si arroga il diritto di assumere quale depositario assoluto della verità. Ruolo giocato soprattutto verso il soggetto folle prima ancora che verso gli altri saperi disciplinari, “diritto assoluto della non-follia sulla follia”, padronanza di una verità stabilita una volta per sempre perché fondata sulle evidenze di una scienza medica e di una presunta normalità, che si reclamano come universalmente riconosciute. Questa pretesa per Foucault va messa radicalmente in questione.Ma oggi, nel nostro contesto culturale e scientifico, è possibile farlo? Questa verità può ancora essere oggetto di una confutazione o meglio di una negoziazione tra i soggetti che vi sono implicati, in primo luogo il medico e il paziente nella loro scena di affrontamento? Cercheremo di tracciare il percorso foucaultiano che porta da Storia della follia ai seminari tenuti negli anni settanta al Collège de France, quali Il potere psichiatrico e Gli anormali. (Mario Colucci)

 

Mario Colucci è psichiatra presso il Dipartimento di Salute Mentale di Trieste, docente a contratto presso le Scuole di Specializzazione in Psichiatra e in Neuropsicologia dell’Università di Trieste e presso l’Istituto per la Clinica dei Legami Sociali (ICLeS) di Venezia. Psicoanalista, membro del Forum Psicoanalitico Lacaniano, è socio fondatore del Laboratorio di Filosofia Contemporanea di Trieste e redattore della rivista Aut aut. Con Pierangelo Di Vittorio ha pubblicato il libro Franco Basaglia (Bruno Mondadori, 2001), uscito anche in traduzione francese e spagnola. 














Incontro con la poetessa Chandra Livia Candiani

per conversare di poesia, d’infanzia, d’amore, di silenzio....… ed altre cose.... 

Libreria Einaudi Via Mascarella 11/A Bologna tel. 051-222947

Sabato 20 Febbraio 2016 ore 17.00

ingresso libero (posti a disposizione limitati)   

 

Chandra Livia Candiani è una delle voci più intensamente e autenticamente poetiche presenti nel paesaggio letterario italiano. La sua poesia testimonia della capacità che la parola ha di dare senso alla nostra esperienza, anche la più indicibile. La sua è la voce di quei poeti, rari, per i quali la poesia è rischio e necessità, non gioco di parole e mestiere.Fondamentale è stato per lei l’incontro col buddhismo e la meditazione. Vive traducendo testi buddhisti, scrivendo poesie e lavorando con i bambini delle scuole elementari della periferia milanese per i quali tiene laboratori di poesia.Ha pubblicato le raccolte di poesie Io con vestito leggero (Campanotto 2005), Bevendo il tè con i morti (Viennepierre 2007, Interlinea 2015), La bambina pugile ovvero la precisione dell'amore (Einaudi 2014). È presente nell'antologia Nuovi poeti italiani curata da Giovanna Rosadini (Einaudi 2012).“L’insegnamento del Buddha e soprattutto la pratica mi hanno fatto percepire che sono attraversata da un soffio, il respiro, e che questo soffio mi fa mondo e fa il mondo me, e che ci connette, con tutto e tutti. Anche la poesia connette. È un legame misterioso. Una consegna. Il respiro ci consegna alla vastità dell’aria e la poesia a quella della parola.La poesia io la attendo, da sempre, non ho mai scritto. Ho atteso e poi trascritto. E la meditazione è attesa, attesa senza futuro. Attendere niente, acquietarsi in uno stato d’attesa che è la vita stessa, sedersi a sentire l’attrito che è la vita, riceverla in pieno corpo senza battaglie e senza nomi. Allora si apre uno spazio dove si sente tutto e tutto si svolge senza discussioni. Ma anche la poesia è così, è togliere ostacoli, tacitare le voci critiche, la cornacchia che vive sulla mia spalla e mi commenta il reale senza sosta e mi dice quello che so già e non mi lascia accogliere con freschezza quello che capita. La meditazione mi insegna a non credere alle cornacchie, a stare nel silenzio con silenzio. E dunque mi consente di entrare in uno stato di poesia, di conoscenza nuda del mondo. E il mondo è coscienza vasta dove si galleggia insieme in quell’elemento che usiamo chiamare vita, ma ci sta dentro anche la morte. Ci sta dentro proprio tutto. Anche il nulla. La poesia è stata la mia prima Via, ma non riusciva a farmi amare l’umano, mi legava alla natura e all’infinito. Ma mancava un pezzo e questo anello mancante è la compassione per noi, per i brancolanti esseri umani e me l’ha insegnata la pratica buddhista, mi ha aperto il cuore al nostro dolore. Non siamo separati, siamo maglie di una stessa stoffa.”(Chandra Livia Candiani) 


 

   

Il Tuffatore

Angela Peduto

Libreria Einaudi Via Mascarella 11/A Bologna tel. 051-222947

Sabato 16 Maggio 2015 ore 17.00  ingresso libero (posti a disposizione limitati)

Giovanni Chessa legge brani tratti da  Bute, di Pascal Quignard

 

Entrare in questo libro è come varcare la soglia di un teatro greco. Un immenso teatro dove molte voci si intrecciano, ora annodandosi ora sciogliendosi, per parlare della vita e della morte, dell'oscurità delle origini, del tempo che è prima del tempo, della perdita e della notte, del canto primordiale e della nostalgia.Chi è Bute?  E’ uno sconosciuto eroe che fa la sua apparizione in una manciata di versi delle Argonautiche, scritte da Apollonio Rodio ad Alessandria nel III sec. a.C.. Bute è l'argonauta che volle ascoltare il canto delle Sirene e si gettò nell'acqua, il solo che rispose all'appello del canto originario meraviglioso e mortale. Orfeo intonò con la cetra un controcanto che potesse respingere l’appello delle Sirene; una generazione dopo Ulisse ascoltò, ma prese la precauzione di farsi legare con solide corde all’albero maestro della nave; Bute soltanto si gettò nell’acqua. Bute è l’eroe dell’abbandono, il solo eroe dell’antichità che assuma il rischio di acconsentire all’ignoto. Nella meditazione poetica di Quignard egli diventa il Tuffatore, colui che incarna il desiderio di avvicinarsi al fondo abissale della vita e all'enigma della natura umana, anche a costo di morirne.Quignard appartiene a quella tradizione di letterati per i quali la letteratura è un'avventura e un rischio. Se ci consegna un piccolo, affascinante libro sulla musica è solo perché per lui nulla più  della musica sa spingersi verso quel luogo estremo che giace al di là del linguaggio: da questo luogo, origine e destino delle nostre vite, Bute è chiamato e ad esso si offre. Bute si alza, si tuffa, va verso lo scoglio delle Sirene e muore nel loro canto.  (Angela Peduto)




Presentazione del libro di Giusi Marchetta 

Lettori si cresce

Con Andrea Tarabbia  sarà presente l’autrice
 Sabato 9 Maggio 2015 ore 17.00  

Libreria Einaudi Via Mascarella 11/A Bologna tel. 051-222947

 

«Hanno dodici, quindici, sedici anni. Sono insicuri, confusi, hanno dubbi su tutto. Meno che su una cosa: leggere è noioso, difficile e non rende felici. Leggere, insomma, non serve a niente. I ragazzi fuggono dalla pagina scritta: le storie le trovano in tv, le informazioni su Google, e la bellezza se la cercano addosso. Pensare di poterne fare esperienza attraverso le parole che si trovano nei libri, nei fumetti, nelle riviste, è un'idea che non li sfiora neppure. Verrebbe quasi voglia di arrendersi e lasciarli andare. Oppure no».  Giusi Marchetta, scrittrice e insegnante, scrive un saggio rigoroso e divertito sul fatto che, nonostante tutto, la passione per la lettura, o meglio, il desiderio di leggere può essere trasmesso. Non basta ovviamente raccontare che leggere è bello e divertente (molto spesso non lo è affatto): tuttavia, armandosi di pazienza, cercando il libro giusto per ogni adolescente, si può forse aprire una piccola breccia, depositare un piccolo seme. Tra ricordi d’infanzia, riferimenti letterari, esperimenti sul campo, Giusi Marchetta mette in scena un corpo a corpo con i “non lettori” per eccellenza, i ragazzi, e sprona gli adulti a lavorare su di loro e con loro. Perché, dopotutto, leggere non è solo uno svago o un dovere: è una competenza di specie. È tra le poche attività che ci rendono umani. 


  

LE FIGURE DELLA PASSIONE

Margherita Luisa D'Orléans

La legge e la passione
Vincenzo Lagioia 

Libreria Einaudi Via Mascarella 11/A Bologna tel. 051-222947

Sabato 18 Aprile 2015| ore 17.00 ingresso libero


In cerca di una moglie e dopo una lunga trattativa con il cardinal Mazzarino, Cosimo III de’ Medici nel 1661 sposa Margherita Luisa d’Orléans la figlia di Gastone d’Orléans, fratello di Luigi XIII.Nel corso delle trattative per il matrimonio con il Medici uno degli interlocutori privilegiati, il futuro vescovo di Béziers, scriveva al primo ministro del granduca di Toscana: “Mademoiselle d’Orléans a treize ans; elle est belle de visage, brune de cheveux, ses yeux sont bleu turquoise et elle semble très douce”. Il tema della dote fu centrale per un lungo periodo e, mentre la principessa veniva esaltata per le sue innumerevole doti, il rango ed ogni sorta di particolare estetico, la dote restava il punto dolente. Come scriveva l’abbé de Choisy, in quei tempi “la cour était dans sa magnificence extérieure, toute la misère était au dedans”.L’ingresso di Margherita a Firenze fu un trionfo, il popolo l’accolse con entusiasmo e il granduca spese per i festeggiamenti una fortuna. Ma i dissidi cominciarono presto. Margherita non tollerava la suocera Vittoria della Rovere, ritenuta da lei bigotta e sempre attorniata da preti, frati e gesuiti. L’odio era reciproco e i litigi stancarono presto il granduca e la principessa. Del resto la relazione segreta con Carlo di Lorena continuava, tanto che Ferdinando avvisò Luigi XIV chiedendo un intervento risolutivo. Margherita cominciò a odiare la Toscana e l’Italia e a supplicare il re di accoglierla a corte. Era una donna intensamente passionale. Fu dipinta come folle ma la sua estrema lucidità nell’affrontare le questioni di cuore rivelò una natura tutt’altro che squilibrata. La legge con i suoi volti molteplici, i contratti matrimoniali, le etichette rigide, gli impegni di forma, non poté imbrigliarla;  nonostante le pressioni del clero e le chiusure del cugino, il re potentissimo Luigi XIV, riuscì a svincolarsi e a tentare una delle pochissime strade di libertà possibili,  cioè una separazione dal marito con l’impegno di sostenerla economicamente. Per una donna la libertà non era facile da ottenere, ma la nostra moderna eroina con artifici e tenacia riuscì a conquistare il suo angolo di cielo. Le sue storie con uomini di ceto sociale basso la renderanno agli occhi di alcuni una ninfomane, ma anche in questo  Margherita sfiderà la legge e  la sua ipocrisia.Margherita morì il 17 settembre 1721 all’età di 76 anni. Nel testamento lasciò a ciascuno dei figli 300 mila franchi, nominò erede universale la cugina principessa d’Epinoy, e del marito non fece cenno. Il suo corpo fu deposto nelle tombe reali in Saint-Denis. (Vincenzo Lagioia, storico)

 



  

LE FIGURE DELLA PASSIONE


Lucrezia Borgia

strumento e  vittima  di maschili ambizioni

Mariangela Pierantozzi 

Libreria Einaudi Via Mascarella 11/A Bologna tel. 051-222947

Sabato 14 Marzo 2015 | ore 17.30 ingresso libero

Voci recitanti: Francesca Ballico e Giovanni Chessa 

 

Chi era Lucrezia Borgia? La fosca, fatale, mitica Messalina dal volto di una Madonna di Raffaello, l'avvelenatrice di più di un amante, l'incestuosa figlia di Alessandro VI,  "la più gran puttana del Vaticano", l'intrigante sorella e amante di Cesare Borgia, la madre priva di affetto per i suoi figli, che storici, poeti, cronache antiborgiane  del cinquecento divulgarono?  Che soprattutto Victor Hugo, Felice Romani e Gaetano  Donizetti nella Francia e nell'Italia dell'ottocento fissarono in modo indelebile? Nel corso dei secoli una congerie di negative leggende si è depositata su questo personaggio sconvolgendone l'identità reale. Studi storici attenti e approfonditi lasciano emergere l'immagine di una donna - l'unica donna Borgia - che fu strumento consenziente di quella famiglia nelle cui vene scorreva un "drogato sangue spagnolo" carico di forti passioni e ambizioni. Significativa figura femminile di un secolo avaro e ingrato verso le donne seppure di rango, succube per scelta oltre che per educazione, Lucrezia fu figlia obbediente, moglie silenziosa e devota, vice governatrice dello Stato Pontificio, governatrice di Spoleto e Foligno, contessa di Pesaro,  duchessa di Bisceglie, duchessa di Ferrara. Sempre consapevole e rispettosa delle ragioni di stato e del suo popolo, fu madre amorevole di otto figli, consumata da dieci gravidanze, terziaria francescana. È l'ultima della sua famiglia a morire, Lucrezia, aiutata dal suo stile accorto, remissivo, altero, come canna che obbedisce alla forza del vento con eleganti movenze, piegata al suo destino di donna. Tra gli ori e gli splendidi affreschi degli appartamenti vaticani e le ombrose e fredde stanze ferraresi coltivò per tutta la vita sogni di fanciulla gentile e sensuale, alla ricerca di un ideale d’uomo non trascinato dalla passione per il potere e per gli intrighi politici, ma il cui fascino risiedesse nella finezza dello spirito, nell'amore per la poesia e la musica, nella condivisione degli affetti, nei modi gentili, teneri, rispettosi, come dimostrano le uniche passioni della sua vita: Pietro Bembo e Francesco Gonzaga. (Mariangela Pierantozzi, psicoanalista)

 



 




sabato 28 febbraio | ore 17.00

Punto Einaudi Bologna Via Mascarella 11/a - 051222947


Il gruppo Psicolettere incontra

Marcello Fois

per discutere del suo romanzo

Nel tempo di mezzo


Uno dei libri più belli e più profondi di Marcello Fois, Nel tempo di mezzo, verrà discusso, in presenza dell'autore, da tre psicanalisti del gruppo Psicolettere: Bernardo Baratti, Clementina Pavoni e Filippo Strumia.

Il tempo di mezzo che viene raccontato nel romanzo è, da un punto di vista storico-sociologico, quello del dopoguerra, quello del passaggio dalla vecchia società contadina alla modernizzazione degli anni Sessanta. Ma il tempo di mezzo è anche qualcosa che sta tra la vita e la morte, una dimensione psichica che tutti i personaggi del libro percorrono più o meno drammaticamente. L'incontro del 28 cercherà di mettere in luce alcune zone più riposte di questa saga familiare che la rendono coinvolgente ed emozionante come poche altre.





LE LACRIME DEGLI EROI

Per una storia dei sentimenti  

Raffaele  Riccio

Libreria Einaudi Via Mascarella 11/A Bologna tel. 051-222947

Voce recitante Giovanni Chessa  

La storia delle relazioni umane non può rinunciare ad una visione etica ed estetica dei sentimenti e delle emozioni. Nell’antichità all’eroe omerico era lecito piangere, soffrire, odiare, senza timore di manifestare ciò che provava. Mostrare le lacrime non ne sminuiva la personalità.  Tuttavia, a partire dall’età di Pericle, epoca in cui filosofi e politici hanno iniziato ad elaborare diversi e più razionali modelli di comportamento, è apparso disdicevole fare emergere il volto dei sentimenti. Platone, Aristotele ed anche Epicuro hanno privato il pianto e le emozioni di valenza sociale, relegandoli a manifestazioni di debolezza. Da allora in poi gli eroi sono stati sostituiti da uomini, dotati di ragione, che non potevano mostrare ciò che sentivano. Attraverso la lettura di alcuni brani dei testi omerici più significativi e l’esame del testo di Matteo Nucci, Le Lacrime degli Eroi (Einaudi 2013), cercheremo di ripercorrere i momenti di questo processo culturale che ha influito sull’interpretazione dei sentimenti e sulla loro rappresentazione.

Raffaele  Riccio insegna Storia e Filosofia al Liceo E. Fermi di Bologna. Si è occupato della cultura del Barocco ed ha pubblicato articoli e libri di Storia e di Storia dell’alimentazione.

 



 

(IN)ATTUALITA’ di MICHEL FOUCAULT

Tavola rotonda intorno all'opera di Michel Foucault officinaMentis organizza in collaborazione con la libreria Einaudi di Bologna

un pomeriggio di lavoro interamente dedicato al grande filosofo francese.

Intervengono Orazio Irrera (filosofo, Université Paris 1, Panthéon- Sorbonne)

Luisa de Paula (filosofa, Università di Urbino)

Diego Melegari (ricercatore Centro Studi Movimenti-Parma)

Valerio Romitelli (storico delle dottrine politiche, Università di Bologna)


Libreria Einaudi
Via Mascarella 11/A Bologna tel. 051-222947

Sabato 11 ottobre 2014 ore 16.30 ingresso libero
(posti a disposizione limitati)  (scarica la locandina)

 



 

mercoledì 11 giugno ore 18,00 

Michele Mari

presenta

Roderick Duddle (Einaudi )

Interverranno

Marcello Fois (scrittore)

Andrea Tarabbia (scrittore)

«Ci sono romanzi che ci catturano fin dalla prima pagina e non ci lasciano più, romanzi che ci fanno perdere la cognizione di tutto il resto. Che ci riportano indietro nel tempo, alle fameliche e appassionate letture dell’adolescenza, quando leggevamo Il richiamo della foresta di London o L’isola del tesoro di Stevenson e venivamo completamente assorbiti da quelle storie e catapultati in mondi avventurosi dai quali ci riscuotevamo solo per sopperire alle basilari necessità fisiologiche della vita. Era a malincuore che ritornavamo alla realtà, sorpresi di come il tempo fosse volato e fosse già prossima l’ora di cena: ci sedevamo a tavola con aria assente e trasognata, sotto lo sguardo perplesso di nostra madre, e tra un boccone e l’altro continuavamo a fantasticare sulle storie e i personaggi del romanzo fin quando non ci era concesso di tornare nuovamente a inabissarci nella lettura».  Antonella Falco – Nazione Indiana Non c’è presentazione migliore per Roderick Duddle, l’ultimo romanzo di Michele Mari. Figlio di una prostituta, Roderick è un ragazzino che fugge: rimasto orfano scopre, come nella migliore tradizione del romanzo d’appendice, di possedere un medaglione che è un viatico per un’enorme ricchezza. Così, in un lembo di Inghilterra che Mari ridisegna inventandosi una toponomastica immaginaria, tutti sembrano volerlo catturare: da Jones, tenutario del bordello dell’Oca Rossa, alla Badessa di un convento poco incline a occuparsi di cose spirituali, a una girandola di personaggi cupi o grotteschi, tutti figli del grande amore dell’autore per il romanzo d’avventura del Sette e Ottocento. Perché è questo, Roderick Duddle: una grande avventura giocata sul ri-uso dei topoi letterari che hanno reso grandi Dickens, Stevenson, Fielding, Salgari e molti altri, qui amati e rimescolati in un’incredibile groviglio di avvenimenti, colpi di scena e rimandi letterari. Ne viene un grande romanzo inattuale eppure incredibilmente vicino, dove si va per mare e ci si confronta con il proprio doppio, si esplorano enormi e lugubri cantine e si sente risuonare dietro le spalle la sentenza di qualcuno che tiene in mano un pugnale. Roderick Duddle è in qualche modo la summa del lavoro di Michele Mari con la parola: ed è, soprattutto, una grande festa per la chi ama la lettura.  


 

l’Associazione Culturale Italia-Olanda-Fiandre (ACIOF) presenta 

Oltre l’orecchino di perla 

Qualche precisazione e alcuni approfondimenti intorno alla mostra di Palazzo Fava  

Conferenza multimediale di Alessandro Zacchi  

Mercoledì 2 aprile 2014, ore 17:00

Punto Einaudi Via Mascarella, 11/a Bologna

 



 

Incontri di Letteratura e Psicoanalisi
I fratelli Karamazov
di Fёdor Dostoevskij

Mariangela Pierantozzi

Libreria Einaudi
Via Mascarella 11/A Bologna tel. 051-222947
Sabato 29 marzo 2014 ore 18 ingresso libero

L'associazione psicoanalitica officinaMentis e la libreria Einaudi di Bologna organizzano il consueto appuntamento culturale dedicato all'incontro tra psicoanalisi e letteratura.La dottoressa Mariangela Pierantozzi riprenderà l'esame delle tematiche del male attraverso un romanzo intramontabile, I fratelli Karamazov. Brani del libro saranno letti da Giovanni Chessa. Italo Calvino definisce “classici”  “ quei libri che costituiscono una ricchezza per chi li ha letti e amati, ma costituiscono una ricchezza non minore per chi si riserva la fortuna di leggerli per la prima volta ….. Essi esercitano una influenza particolare sia quando si impongono come indimenticabili, sia quando si nascondono nelle pieghe della memoria mimetizzandosi da inconscio collettivo o individuale”. E’ naturale dunque occuparsi di Dostoevskij, impegnato lungo tutta la sua vita a far luce, attraverso la scrittura, sul mistero dell’animo umano, navigando nelle acque del dubbio e delle domande universali. I Fratelli Karamazov, romanzo contenente al suo interno svariati altri racconti, è un Affresco dei rapporti dell’uomo con il male: il male ereditato per filiazione da padre in figlio ,che evolve e si redime sotto il peso della cultura e del complesso di Edipo e il male non trasformabile, che compulsivamente si attua e ripete attraverso la sofferenza e la morte degli innocenti. La troika dei Karamazov ci presenta tre uomini per svelare l’uomo, per esplorare le trasformazioni e le eventuali risoluzioni del male. Vi scopriamo quale finalità ogni fratello riuscirà a dare all’eredità della cattiveria paterna. Alesa lo spirituale, il puro, segnato dalla grazia,indenne dal male; Dimitri il gaudente che combatte con le sue pulsioni, ma non criminale; Ivan il cinico scettico che si rifiuta di cancellare il Male con le illusioni religiose. Dostoevskij mette in scena la doppia tematica del male: il parricidio e l’infanticidio. Quest’ultimo è per l’autore la figurazione del male non attaccabile dalla storicizzazione culturale ed evolutiva della scena edipica, è il male immutabile e atemporale. Hanna Arendt dice “Quando il pensiero si occupa del male non trova niente”.Niente cui si possa dare nome,poiché il pensiero, di fronte al male, non è in grado di emanciparsi dal magma indistinto delle origini. Dostoevskij non conosce verità impersonali, uniche. Egli declina delle voci-idee, delle voci-punti di vista, in una trama spesso dialogica: Ivan e  Alesa,il Cristo e il Grande inquisitore, in una polifonia che conduce al dubbio: al mondo non c’è nulla di definitivo e l’ultima parola sull’uomo non è stata ancora detta.  (Mariangela Pierantozzi)


 

 

Incontri di Letteratura e Psicoanalisi

L’importanza dei luoghi comuni

Marcello Fois

Libreria Einaudi, Via Mascarella 11/A Bologna tel.051-222947

Sabato 7 dicembre 2013

ore 18  ingresso libero 
Due gemelle molto diverse tra di loro, una casa vuota abitata nel tempo dell'infanzia, un padre che le ha abbandonate da piccole: questi gli ingredienti principali di un racconto che si spinge nelle pieghe di un'interiorità fatta d'amore e di crudeltà, di tristezza e di rancore.Dietro l'intreccio che lo scrittore sapientemente mette in scena si disegna un altro intreccio, familiare allo psicoanalista. "Esiste un punto in cui anche le ipotesi totalmente antagoniste coincidono. Un unico punto certo difficile da trovare, ma che vale la pena di cercare..." Là, in quel punto dove gli opposti coincidono, dove l'amore può volgere all'odio e viceversa, dove lo specchio rinvia l'immagine e le sue distorsioni, là si condensano temi cari allo psicoanalista: il doppio, l'immagine ideale, la rivalità fraterna e fratricida. E questo sullo sfondo di un'umanità sempre pronta alla logica della predazione. 

Di questi temi ed altri lo scrittore Marcello Fois e la psicoanalista Angela Peduto discuteranno col pubblico.

 



Appuntamenti culturali di officinaMentis. Psicoanalisi, musica, letteratura 

Il segreto della musica


Angela Peduto
conversazione ad uso di musicisti, lettori, letterati, melomani, melanconici, musicologi nostalgici....e tutti gli'altri....!

Libreria Einaudi
Via Mascarella 11/A Bologna tel. 051-222947
Sabato 16 novembre 2013 ore 18 ingresso libero

Ilaria Colicchio legge brani tratti da Tous les matins du monde di Pascal Quignard

Rosita Ippolito e Martina Weber eseguono musiche di Sainte Colombe e Marin Marais


 
 Appuntamento insolito quello che proponiamo, nel quale la musica  è ospite d’eccezione.  Ospite enigmatica, a dire il vero: ribelle alle parole e immune alle spiegazioni, la musica conserva una sorta di tenace refrattarietà alle nostre interpretazioni e custodisce gelosamente il segreto del suo fascino.Non cederemo dunque alla tentazione di spiegare, ma lasceremo affiorare qualche suggestione, vagando tra le pagine letterarie, guidati dalla voce incantevole della viola da gamba. 

programma musicale 

Marin Marais Les voix humaines

Monsieur de S.te Colombe Concert XLI: Le Retour

Joseph  Bodin de Boismortier Prelude

Monsieur de S.te Colombe Concert XLIV: Tombeau  Les Regrets

François Couperin Prélude

Joseph  Bodin de Boismortier Allemande

Marin Marais Tombeau pour Monsieur de S.te Colombe

Monsieur de S.te Colombe Tombeau Les Regrets          


La Casa editrice è lieta di invitarvi all’incontro online
in occasione della pubblicazione di

MIRIAM TOEWS
NOTTE DI BATTAGLIA

Martedì 22 novembre, ore 18.30
in collegamento con i Punto Einaudi

interviene con l’autrice la traduttrice del romanzo
Maurizia Balmelli
introduce
Grazia Giua

per partecipare inviare la richiesta a Questo indirizzo email è protetto dagli spambots. E' necessario abilitare JavaScript per vederlo. e vi verrà inviato il link per il collegamento

SERATE EINAUDIANE

CICLO DI INCONTRI ONLINE

4 maggio ore 18.30

PAOLO COGNETTI

racconta

in collegamento con il Punto Einaudi di Milano

 
 

11 maggio ore 18.30

PIERO NEGRI SCAGLIONE

racconta

in collegamento con il Punto Einaudi di Torino e la Biblioteca dei Portici

 

9 giugno ore 18.30

NADIA TERRANOVA

racconta

in collegamento con il Punto Einaudi di Roma

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