Avviso

Articoli

Ovidio, Le metamorfosi

collana: i Millenni
editore: Einaudi
data pubblicazione: 12/04/2022
pagine:  CXXXVI - 1336
prezzo: € 120,00
ISBN: 9788806242213
traduzione di: Guido Paduano
contributi di:
  • Luigi Galasso
  • Luca Bianco
argomento: classici
illustrazioni: ricco apparato iconografico
formato: 2 voll. indivisibili rilegati e in cofanetto
per l'acquisto scegli tra:
      
ACQUISTA

anche a 20€ al mese con il «Conto aperto Einaudi» (vedi)

 

Publio Ovidio Nasone

Le metamorfosi

 

Testo latino a fronte
Una nuova edizione in due tomi, con un ricco apparato iconografico

Questa nuova edizione del capolavoro di Ovidio si caratterizza per la traduzione di Guido Paduano, che riprende quella già uscita alcuni anni fa nella Pléiade e che è considerata la migliore in circolazione. Paduano ha poi scritto per l’occasione un saggio introduttivo che approfondisce il rapporto tra metamorfosi e morte e analizza le varie tipologie di trasformazione raccontate da Ovidio.

Importante è anche l’ampio commento di Galasso, fortemente rinnovato rispetto a quello dell’edizione Pléiade alla luce degli studi filologici e critici più aggiornati.

Infine la novità più evidente della nuova edizione è data da un ricchissimo apparato iconografico che si snoda in entrambi i volumi offrendo un percorso di storia dell’arte dal Medioevo al Novecento. Le metamorfosi sono state infatti il più importante bacino di ispirazione per tutta l’arte profana, così come la Bibbia lo è stato per l’arte sacra: si può dire che il poema di Ovidio è stato la Bibbia dell’arte profana, soprattutto nel Rinascimento e nel periodo barocco. Ecco dunque che nelle tavole fuori testo sfilano dipinti e sculture di artisti famosi, come Tiziano, Rubens, Velazquez, Rodin, Turner, fino a Picasso e Giulio Paolini, ma anche di autori meno noti con opere poco viste, tutte da scoprire. E un saggio di Luca Bianco condurrà il lettore in questo affascinante percorso.

Nell’incipit delle Metamorfosi Ovidio dichiara con lucida concisione l’argomento del poema:
L’animo mi spinge a cantare le forme mutate in nuovi corpi…
Subito dopo, nel corso dello stesso v. 2, si saggia lo spettro semantico di mutare. Invocando l’ispirazione divina sui suoi progetti (coeptis) il poeta insinua, con un rapido slittamento metalinguistico («avete mutato anche quelli»), che di origine divina sia anche il mutamento della propria attività e della propria carriera poetica. Sarà bene ricordarsi di questo lampo polisemico, quando nel libro XV si approssima il termine del carmen perpetuum, che dai primordi del caos giunge fino all’impero di Augusto, e proprio la categoria del mutamento è collocata al centro del discorso di Pitagora, che ne fa il puntello di due forti posizioni ideologiche, tra loro collegate: la metempsicosi, o rinascita dell’anima dopo la morte novis domibus (XV, 159), cioè in un nuovo corpo, proprio come recitava l’incipit, e il vegetarianismo, misura prudenziale contro il rischio che il nuovo corpo sia quello di un animale. Ma nel potente respiro di un linguaggio indebitato con Lucrezio, ancorché divergente per molti contenuti, il principio che omnia mutantur (XV, 165) si allarga alla struttura globale dell’universo: nel tempo, inarrestabile come un fiume, cuncta novantur (XV, 185), a cominciare dall’alternanza tra notte e giorno e tra sole e luna e dalla successione delle stagioni, per poi proseguire con le epoche della vita umana, nel suo processo di sviluppo e successivo declino.
(…)
Non sembra ragionevole dubitare che il discorso di Pitagora costituisca nel suo insieme l’attribuzione di un senso unitario all’insieme delle metamorfosi della persona in animale, vegetale o minerale, che sono oggetto del discorso poetico, inquadrandole nel genere prossimo del mutamento; quello che manca è invece il riferimento alla differenza specifica, consistente nel fatto che, mentre il sistema descritto da Pitagora è governato da un ritmo fisiologico (o a questo assimilabile), che consente di trarre conseguenze certe da premesse dotate di valore complessivo, la trasformazione che i personaggi di Ovidio subiscono rappresenta una rottura, un evento inatteso e saliente rispetto a vicende di vita ordinaria, che viene spesso veicolato dal ricorrere della parola mirum, «che suscita meraviglia ». Ciò potrebbe far pensare al profilo del poema come un insieme di situazioni polarizzate fra un linguaggio neutro, connettivo, interlocutorio o al massimo preparatorio, e un’esplosione di senso, o forse di nonsenso, un profilo piatto intercalato da punte che si ripresentano a intervalli non regolari. Quello che abbiamo di fronte nell’affascinante lettura è qualcosa di molto diverso, che fa onore alla definizione di carmen perpetuum: un’unità insieme fusa e fluida che fa appena avvertire le giunture episodiche, che scavalca con macro-enjambement la stessa partizione in libri, che esplora il gusto inesauribile del narrare in tutte le sue pieghe, comprese quelle ritagliate nelle scatole cinesi del racconto nel racconto. Credo che questo risultato discenda soprattutto dalla riduzione, o traduzione, della metamorfosi da alterità assoluta a un rapporto di mutua comprensibilità e comunicazione col quotidiano. dall’Introduzione di Guido Paduano


Ovidio (43 a C. - 17 d. C.) poeta romano, tra i principali esponenti della letteratura latina e della poesia elegiaca. Nel catalogo degli ET è presente un'edizione delle Metamorfosi a cura di Piero Bernardini Marzolla, nonché il volume Versi e precetti d'amore a cura di Paolo Fedeli, che raccoglie gli Amores, l'Ars amatoria, i Medicamina faciei e i Remedia amoris.

 

Recensioni  

dello stesso autore nel catalogo Einaudi 

Condividi questo articolo su...